Quand'io vidi il padre del pecoraio, accompagnato sotto l'ardente sole ad Artemino, non fa molto in sulla piazza San Polinari, tra tre amici tanto consolarsi; e poi il veggio ritornato in sulla ruota delle tribulazioni, le quali mi mostrò martedì la sua fiorita mensa; non mi posso bene allegrare, veggendo il mio Giobbo sì afflitto. Che mai vidi suo pari tanto cognoscere, e tanto avere bisogno spesso di conforto. E quello che più mi grieva di lui è questo, ch'io so che e' sa, ch'egli è più giusta e più ragionevole cosa, che la natura sia ubbidita da lui, che essa natura ubbidisca a lui. E nondimeno, il mondo e tutte le sue cittadi, ville, popoli, terre, e case d'abitare, sono dalla natura ordinate a volgere, a tribolare, a noiare, a raffreddare e riscaldare l'uomo: e 'l mio Francesco crede tanto dire e fare e predicare i suoi, che questa immutabile ruota resti per suo detto; e va pur cercando dove questo non sia così, che non è altro che andar cercando dove non sia Iddio, che così ordinoe. E ben disse el grande savio e maestro de' savi Seneca: Niuno ci ha fermo gaudio o letizia, se non il savio; chè in questo mondo cognosce la verità e 'l falso. L'altre cose, dice che sono vane allegrezze di mente. Voi siete or sano del corpo; e d'avventura non avete or mente turbata, e avete que' due maggior beni che s'abbino in questa vita, a detto degli Epicuri, cui spesso allegate. E però s'io dico il vero, appiccatevi a esso; chè ogni volta l'una parte vi mancasse delle dette due, non vi potreste appiccare. Cominciate a disporvi a credere questo vero; che come è stato il tempo per l'adrieto, fia per lo innanzi, nella persona e nella mente vostra; se già, per grazia di Dio, non facesse un poco di quello che dice Seneca qui di sopra; cioè di godere nell'animo, lasciando andare l'acqua alla china, bevendo e cavandovi la sete alla fonte dell'acque vive; cioè volgendo la mente a Dio, lasciando le citerne e le pozzanghere, che spesso hanno l'acque fracide o sono secche. E dite così: Morto io, che s'arebbe a far de' miei danari? comperare possessioni, ec.? Or via, una parte vo' far di mia mano; e di quello spenderò, non arà andar più su per lo filo dell'acque di mare. Vo' fare una cappella eterna a mia mimoria, e laude prima di Dio. Vo' dare (come disse l'abate Lizio, il quale udì Luca, abate di diserto, santo e santissimo) alcuna cosa ogni dì per Dio; sì che, se io non posso tanto orare, òrino per me le limosine. E io vo' far con voi compagnia, al terzo o quarto, in sul fatto de' prigioni poverissimi che vanno or fuora, a dar loro ogni dì grossi due tra amenduni, come l'altro giorno vi scrissi. Siate certo ch'e vostri fatti son grandi, e pure invecchiate: e maggior cura s'ha d'una grande nave, che di piccolo paliscarmo. Andiamo una domenica a Prato, ragionando insino a sera: vedrete maravigliosa cosa di bellezza io v'ho trovata per lo vostro Ceppo; e fo vista far per altrui, e anche in verità fo. Ma più mi tira la camiscia, ec.. E viverete più dieci anni, andandovi il dì una volta la sera o la domane, col santo Barzalone; chè se state a bada della sua tiepidezza, mai non comperrete una pentola. Lasciatemi dir sì, a quelle XX staiora in sulla strada; che insino a me è venuto il venditore a mettermisi in mano; che a rivendila, ne guadagnarete. E ogni volta ch'arete meno danari in mano de' fattori, vi scemaranno lettere e faccende; e farete uno fine lieto. Ho paura che questa mia fede ch'io vi porto, per tristo ch'io sia, non vi sia con questa lettera rimproverata nell'altro giudicio, se non l'arete a calere. Io vi sono tenuto; voi m'avete legato con amore, con tutte le cose che avete; e non crediate io non veggia quanto mi fate: che dovrei, s'io fosse buono, non lasciarvi mai posare ch'io vi vedesse in sulla via della salute. Havvi Dio dato Luca: vi caverà del fango l'oro vostro, e voi volete pur perdello: che ben si vorrebbe maladir la fortuna, che non vel fa tòrre al mio figliuolo e agli altri fattori; tanto state con lei a bada. O voi vedete più che i santi e più che tutt'i Fiorentini. Io non posso ristare: non so che s'è. Ma a Prato m'avete promesso di venire. Perdonatemi. Quando da Genova, Guido non potea avere dalla città qui le risposte che e' volea, ed e' diceva nelle lettere. Gli amici vostri di Genova ve ne confortano; sempre diceano i Signori, Fate quello gli amici vostri vi confortano. E per quello modo faceva. Per certo, se a' vostri fedeli amici non crederete, che non vogliono nulla da voi, se non farvi bene e onore, io mi dispererò di voi. E perdonate per amor di colui che mi fa, o lascia, scrivere.