Commisi forse difetto a non trovarvi ieri. Stimai che, udito quello io facea, m'areste scusato. E sì v'avea io a parlare de' fatti del luogo delle Sacca; di che fui pregato ve ne dicesse. E così sanza pensarvi, mai non feci molte volte migliore andata, che quella feci isprovveduta, seguendo la Reverenza di messer Torello, che mi vi volle pur menare. E per certo, grande differenza truovo tra me e coloro c'hanno dato quel luogo a tali frati. E tengo, se fosse possibile vivere non dico cento, ma XXV anni, noi vedremo que' frati, o 'l venderanno, o 'l doneranno per Dio, o l'abbandoneranno; però che, benchè siano buona gente e di dolce piacevole fama e vita, nondimeno essi sono frati dimestichi molto alle cittadi e alle castella; e non sono frati di selve, di boschi nè di diserti, e non sono usi alla vita tanto solitaria e ad andate sì alpestre. E isaminando in segreto delle persone a cui tocca, di piano mi confessarono la verità, e averlo fatto per piacere agli uomini c'hanno pregato di ciò, e autavi divozione; più che per piacere a Dio, o alle loro necessitadi o bisogni. E certo, a uomini di diserto, come è quello, non s'usano di quelle cose a bellezza, e' finestrati che là hanno ordinato. Tutto ho detto per bene dell'anima vostra, e acciò che 'l vostro tesoro s'alluoghi in Dio; in luoghi che, secondo buono consiglio, gli debbano esser accetti; più che questo aiuto, di che sono pregato vi gravi. Parea a me che ad altra ragione frati boscherecci questo luogo si dovesse assegnare: e chi avesse lor dato o ancor deste il luogo dal Palco, levandosi eglino quindi, e quello s'allogasse bene, mai non faceste cosa più perpetua che sarìa questa, per lo grande concorso e divozione vi sarebbe, e di frati novelli si farebbono, e di frati antichi che v'usarebbono. Così l'hanno a Firenze, a Bologna, e in tutte le grosse città di Toscana, secondo hoe veduto e udito. Non entra questa ragione a messer Torello, nè a molti Pratesi. Il fine faccia la pruova. E de' frati romiti, e salvatichi dalle genti, si truova, e sonne. Per noi, che dattorno vi siamo, e in Dio v'amiamo, non si restarà dirvi la verità con temperamento. Dipoi saremo contenti al partito ne pigliarete. Piacciavi diputare uno fedele e intendente sopra ' vostri muramenti; e voi date solo l'ordine, e andategli a vedere, come farebbe uno cardinale, o un signore che siete. Non dite: E' non ce n'ha de' fedeli! Tanto mi tira una buona volontà, e che lungo tempo viviate, e non siate sempre fante degli amici e delle mura, che insino al mio fratello avea pensato fosse ne' vostri aiuti: che, grazia di Dio, nullo bisogno ha di vostri salari nè di vostre cose; se non ch'io penso ama voi. E penso se vedesse questa lettera, la straccerebbe; chè direbbe, nè potere nè sapere. Ma e' non direbbe vero, almeno di provvedere a quello che di sua mano sa francamente fare: chè non veggendo mai mure, ha fatta di sua mano bella casa e bellissimi canali con cinque soldi. Ma lasciamo stare queste fantasie mi vanno per l'animo: torno al proposito. De! togliete o Lionardo, o un maestro garzone fedele, che sia capomaestro, e dategli soldi XV il dì o XX, e lavori per V o per X; e vada provvedendo: e vedrete se sarete lodato. E già udi' a Prato da voi, il volevate fare: ma voi sapete che alla meretrice non si crede quando promette castità. Però gli amici hanno sospetto, non vogliate tosto morire, con voler troppo fare di vostra mano e con vostra persona. E nol dà il tempo, nè lo stato, nè la età vostra: e la prima noia arete nella persona, mi ricordarete. Pregovi nel mutare i lavoratori a poderi grossi, serbiate luogo per uno vostro amico: e se non è il capitano di tutti, fate uno fregaccio alla ragione io ho con voi; e provvederà e insegnarà a tutti vostri potatori delle vigne. Tutto fo per vostro amore e suo, perchè non ci esca di mano. Barzalone sa il mio segreto: ma non sono ancor certo che farò. Ditene con lui, cioè con Barzalone. - LAPO vostro. II di maggio. Se non fate prima la carta di Michele Cicognini, sarovvi per lo mercato, e farolla.