Ne' dì passati non v'ho potuto vedere, che sono stato rinchiuso, pieno d'angoscie, a udire le miserie delle genti; le quali mai non areì sapute stimare, esser tante e di tante maniere, che certo m'è paruto vivere co' morti. E le quali se aveste palpate e tocche come io alla Cinquina, d'avventura areste alzati gli occhi a Dio ginocchioni a ringraziallo; e a dolervi di voi stesso, se ne' dì passati vi fossi turbato troppo d'avervi esso vicitato, togliendovi del vostro, colui medesimo che tanto v'ha donato. E per certo ogni dì, ogn'ora, si converrebbe ci acconciassimo l'animo, in punto e presto, a sostenere ogni noia ci dà il mare, la terra e gli uomini; sì che niuna angoscia ci trovasse disarmato. Almeno noi i quali abbiamo a dosso tanta somma d'anni, che pochi ce ne resta a consumare, avendo dalla natura ogni suo termine che dar potesse; che ben siamo folli, in tanta brevità di tempo, attendere ad altro che ben morir con Dio. Questo dì mi dona Iddio libertà. Domane mi rinchiude il mondo. Iddio sa com'io starò. Non che la mente non sia chiara, e sanza sospetto o paura di cosa che sia; grazia n'abbia chi tanto m'è cortese! Se da sera o da mattina mi volete oggi per nulla, tutto mi vi darò, pur ch'io potesse sollevare al novello Giobbo qualche peso: ma temo il buono Giobbo che facea per Dio, voi non siate così; però ch'egli apparò a vivere bene da fanciullo. Almeno noi cominciassimo tardi! come ancora di voi debbo sperare, per la grazia di Dio, che veggio vi sollicita spesso, perchè non cresciate ricchezza, ma iscemiate la voglia, come già da voi so, che scemato avete. Volesse Iddio i poveri si consigliassono con voi, se volessino mutarsi a stato di ricchezza, com'altra volta v'ho detto. D'avventura io fo male a tanto dirvi; che arei più cagioni da confortarmi e dolermi de' miei difetti, che dar noia a voi: ma l'amor vi facci portar questo mio peso. E certo io truovo, ch'a certi è da dire la cosa una volta, a certi altri non si vorrebbe mai ristare. Voi mi confortate per quanto sento avete pace de' vostri danni, e a Dio volgete l'occhio; col quale se vorrete nelle vostre orazioni un poco abitare, e pensar vorrete, pe' difetti nostri, quanti beni ci dona e ridona, e attendeci e aspettaci, non sapremo che fare altro se non raccomandarci a lui; tanto è alto il monte della ingratitudine nostra! E non credo che molti nostri fatti piacciano più a Dio, che 'l cominciare a conoscersi. Vedete quante finestre e' v'apre a mostrarvisi, ch'e maggiori amici in cui speravate vi fanno danno; quegli a cui prestate danari, vi si fanno nemici; i beni v'erano dati, vi sono tolti; la vostra patria vi minaccia del resto; e chi più v'amava, s'è morto; dentro in casa, chi vi dee confortare, v'offende: que' di fuori, non vi dico. Ne' Profeti è scritto uno verso da parte di Dio, ove e' dice: Io puosi l'uomo in onore, ed e' no l'ha inteso; agguaglierollo agli animali. Conchiudo pregandovi, che abbiate pace dentro, a ciò che Dio delle vostre cose dispone: e ricevetele come doni che Dio vi manda: che ancora spero arete a male la malinconìa n'avete auto, come vi dispiace la letizia avevate del murare. Uno grande Filosofo dice una bella verità, e elle vi sogliono piacere; cioè: Grandissimo senno è sapere cognoscere e discernere le cose che sono bene dalle cose sono male. Questa ultima vostra perdita, penso ancora fia vostro bene: così piaccia a Dio che sia. Questa vi mando poi che non posso esser con voi, com'io vorrei; che vi crederei mostrare che in questi vostri danni d'ora non ci ha niuno male, se non vel fate voi stesso: ma ècci bene, ringraziandone voi Iddio. E se non mi credete, ricordatevi di quello ch'è fine d'ogni cosa, cioè la morte. Stracciate questa. - SER LAPO vostro, domenica da mattina.