Per certo, Francesco, dicendo con voi, come uomo con cui posso più che con altre che sia, questo mondo non è conosciuto, ed è stimato per ogni danaro, cento più che non vale; vedendo che non ci si può tenere fede con persona; e quanto più ti fidi e più speri in persona, più ti truovi ingannato. E ora mi dite ne fate pruova in Giovanni, cui avete tanto servito, amato e inviato; che e' possa esser che v'abbia sopradetto e soprafatto, come mi scrivete! Di che vi veggio tutto il cuore turbo: e chi è nell'acqua torbida, non vede il fondo. Penso, per grazia di Dio, vi sarete riauto, e diliberato che sanza turbo o cruccio, abbiate vostra ragione; e ogn'altra cosa gittiate adrieto, e appariate a non porre amore se non a Dio, da cui venimo e a cui abbiamo a tornare. Esso dice, Che l'uomo crucciato, se facesse miracoli, no gli poria piacere. Lasciamo stare ora gli àlbitri e 'l piatire. Io non sarò mai contento, s'io non sono con lui più ad agio ch'io non fu' ieri per questa cagione; e penso fia di questa edima, che ce n'ha poca, che io non mi terrò di sua condizione meno ingannato di voi, se e' non si arrivescia a dire e fare ciò che volete. Egli e pur giovane, e voi non così: a lui non si disdice, al mondo tristo che è, il far le cose meno che sodamente, come a voi. E fatto dalla vostra parte quello si dee, ed e' non giovi, faremo col ferro, come fa il medico a carne fracida. E di questo ci accordiamo Luca e io. Lasciatene a noi la gravezza. Vo'vi dire una novelletta, che m'entra nell'animo mentre che scrivo. E' si pone che Enea, cacciato di casa sua, andò molti anni per lo mare con sue galee; che come giugnea in Italia, dove volea porre Roma, o vero Alba, i venti il mandavano nell'ultime parti del mare: e in frall'altre una volta si vide affondare dalla tempesta le più ricche sue navi; dov'era il tesoro, e i più fidi compagni; e rimase sola la sua, e quelle delle masnade avea seco. E ingegnossi porre in terra sè e tutti i suoi detti rimasi, ch'erano afflitti e stracchi per la difesa avean fatta dalla fortuna. E sanza ristare, Enea andò solo con uno compagno alla cima del poggio, a riguardare il mare ond'era uscito, per ricrearsi. Tutta l'altra ciurma, per medesima cagione, andarono nel bosco, a saettare cerbi, a scorticagli, e cuocegli di brigata, e manicargli. E lascia qui la novella. Dicono questi morali, che Virgilio, che ciò scrivea, non volea dire altro, se none far differenza dal savio uomo in questo mondo, e dalla sua vita, alla vita dello sciocco. E io vel dico a diletto, chè so che vi piace la verità. E dicono che 'l savio, come la fortuna il percuote, s'ingegna porre in terra, cioè in sulla verità che sta ferma e non si muta; e toe il compagno, cioè il suo intelletto, e vanne al poggio, cioè a contemplare con Iddio; che cosa è il mondo; che è il principio nostro, e che è il fine; e che le tribolazioni sono ordinate da Dio solo per provare i buoni, di levarsi da questo tristo mele mondano, che è pieno di fiele, e attendere alle cose di Dio, e fare una vita che gli piaccia. Ma lo sciocco, come s'è bene azzuffato con la fortuna, non va al poggio col compagno; ma pensando cacciare la tribulazione, dice a' compagnoni: De! godiamo; facciamo di godere, e manichiamo bene, e beiamo meglio, e dianci buono tempo; e di niuna fortuna ci ricorderemo. Attenderete la risposta vi farò di Giovanni Ciurioni; e se io non ho da lui le cose ragionevoli, cioè Luca e io, io ventarò più avverso alla sua condizione non siete voi; e terremo degli altri modi. E voi abbiate pace un poco in su quel santo poggio d'Enea; e quivi godete con Dio, che non vi fallerà mai: che lui prego divotamente, che a voi si lasci gustare, come già lasciò quando ginocchioni oravate la sera, ec.. A me perdonate. - LAPO vostro. XVIII luglio.