Per altra lettera rispuosi a una n'ho auta da te poi ti partisti; e però t'ho a dire poco, se non che solleciti di scrivere qualche cosa a' tuoi da Prato, che ti mandano questa, e dicono non aver auta da te alcuna lettera poi passasti cotesti mari. Simone, io ti conforto e sollecito a far bene e valentemente i fatti di Francesco, e con quella fede che volessi fossono fatti i tuoi; e penso ti gittarà buona ragione con lui, e ancor sarà cagione il tuo bene operare di darti fama e onore, per modo che da altra parte te ne potrà seguir grande frutto: ingegnandoti in ogni tua opera mettervi l'animo quanto si può; non però che ne abbandoni Iddio, ma più, che lui abbi prima nell'animo; chè sanza suo aiuto, niuno bene si può fare, e sanza lui non si fa se non peccato. E noi ci abbiamo a stare un soffio, e a lui si vuoi tornare. El fatto della tua stanza dì Prato, di che e' non ti pagò, Francesco l'ha rimessa in me; e vuole ch'io la tassi, e facci alto e basso ciò ch'io voglio. E questo fece quando l'altro giorno ne gli parlai, presente Niccolò di Piero da Prato, essendo noi a cammino, e andavamo a Prato: e in Firenze me l'ha raffermo più volte. E simile dice d'ogn'altra cosa e' t'avesse mancato. Vedi se costui è buono uomo, e se se' obbligato a essergli fedele figliuolo e costà e dovunche fossi per lui! Questo è ora mio fatto; lasciane il peso a me, e attendi all'altre tue e sue faccende. La brigata tua da Prato sta bene, lodato Iddio. Altro non ci ha da dire. Penso pure faremo sanza guerra questa volta: se già l'avversario nostro vorrà pur la mala ventura, qui s'attende a dargliele giusta posse. Ma vedrassi ogni modo di non avere a farsi male insieme; però che non ci è sì fatta cagione da guerra, che la si debba sperare. A Dio t'accomando. - LAPUS MAZZEI tuus, in fretta, xxi di febbraio 394.