Al nome di Dio. E' sono più mesi ch'io ho aute tue lettere più e più. Alle quali non hai aute mie risposte: e non è che alle prime io non te ne facesse alcune. E fattele, le rileggeva, come è usanza nostra; e dipoi le stracciava, perchè assai m'era temperato, ch'io no stimasse che chi l'avesse lette, arebbe giudicato in me turbazione a cruccio contra te e le tue cose. La qual cosa a te era far noia, forse in dono e sanza cagione; e a me non onore, però che troppo sta male l'ira, almeno a non saperla raffrenare scrivendo. E avea diliberato stare buona pezza, sì che tu avessi cagione di maraviglia. E non era che la cagione fosse altro che vile o leggiere: se non per quanto io avea veduto che quelle persone, ch'io più avea amato già sono xxv anni che nullo parente; e pe' quali xxv anni m'era sempre affaticato, insino al possibile, nel loro benestato e onore dalle piccole cose alle maggiori, sanza mai stancare o metter niego, e attendendo d'aver volentieri a far così insino alla morte, sanza astettar mai premio altro che da Dio per la diritta fede che Dio m'avea dato verso loro; io mi vedesse poi in una picciola cosa poco amare. E sii certo, Simone, e più ne sarai quando sarai ito più oltre cogli anni, che non ci è maggior dolore di mente, che da quelle persone ond'altre per buone opere astettava o merito o grande amore, vedersene ricevere il contradio. Ora io n'ebbi et ho pace, perchè l'ordine del mondo è pur questo: e perchè detto ordine diede Iddio, è necessaria pazienzia, e tutto lodare. Io penso così ordinasse perchè la speranza fosse tutta vèr lui, non vèr li parenti o gli mondani amici. A bocca alle volte, se fia piacere di Dio, ti dirò e mosterrò che ho ragione; e sonne contento per bene dell'anima mia. E tu ancora ora hai vinta e posata l'ira mia con la tua lettera fai di Piero, tanto amorevole; che istimo, se giugne a tuo porto, ti piacerà assai secondo gli altri; e a te farà onore, se lo indurrai a esser diritto, fedele e sanza inganno (che ti fia agevole), e confortera'lo nell'amor di Dio, più che nell'aver ricchezza; della quale io non curo, perchè n'ho assai buona notizia, grazia di Dio, e stimola per quel ch'ella vale e non per più. Basta pure a me allevarsi il garzone in onestati e in costumi, affaticandolo per dì e per notte, e elle si levi dalle piagnevole usanze di Firenze. Non mi piacque i Ricci suoi maestri il mandassono a Roma, come voleano, per buone cagioni non sono or da dire. El garzone fia presto a ogni posta di Francesco, e così a Francesco mio padre ho detto, eziandio se domane volesse, e domane avesse compagnia, per porlo prima a Genova ad Ardingo Ricci, che m'ama come caro figliuolo. Esso poi il mettarà a te per buono passaggio, Iddio aitando. Non so che altro mi dica per ora, se non che se ha far nulla, dillo. Francesco, come che con fatica, pur mi dà buona speranza che 'l fine suo fia onorato; e io ne gli do ogni conforto posso. E certo, s'io non sono ingannato, esso muta condizione ogni dì in meglio. Sai è malagevole non che a una criatura, ma a uno legno stato torto un pezzo, porlo al diritto che vi stia, non che a uno uomo stato anni XL in buono e grande conoscimento, e non curato di perdere il tempo e torcersi a molte vane cose; di che ora, volgendo l'occhio a drieto, le vede, e piagne. Iddio me n'aiuti consigliallo e confortallo bene; e sperone per la buona intenzione ch'io gli ho: e veggio bene n'arei bisogno per me, io più di lui; e disidero uno a me fatto, com'io a lui: forse per merito mel donarà Iddio una volta, per quello fo a lui. Ed egli il cognosce da me più che non vale il mio merito, e così ogni dì mi lega. Non ci ho altro a dire ora. Cristo ti guardi. - LAPUS MAZZEI not. 27 aprilis.