Come per altra ti scrissi, una chiusa nella tua mandai a Prato. La cagione non ti scrivo sì spesso, è la tua venuta qua; che mi consolai di te per modo, che non mi pare più doverti fare di Piero raccomandigie. E io te ne vidi andar contento: e io non ne fui meno, perchè Iddio mi fe grazia che in quello chiesi a Francesco e Luca, e puosivi forte la spalla quanto potei, io fui da Francesco esaudito, cioè di mandartene contento. Così farei per te come per Piero; e più potrei oggi che mai, per cagioni avvenuti poi, ove e' vede ogni dì la carità ch'io gli porto. Nuove non ci ha da dirti. Questa guerra va per la lunga, e' Pisani fanno stento grandissimo. Dio metta ne' cuori carità e pace. E Papi si stanno. A tempo nuovo, penso udirai cose un mondo. De' fatti di Piero non pigliar cruccio, s'io l'amo fuor di costì. Egli è della costa mia, egli è a mio governo: abbi pazienza meco: tu sai l'anima mia in che pena sta; Dio ti guardi di provalla. E mentre teco è, de! abbine ben cura di metterlo innanzi, come hai fatto tuttavolta, o megliora se puoi: intendo innanzi insino a quello merita, o presso. Francesco di Matteo è pure ingagionito forte; io credo egli è d'acciaio: e io il conforto spesso di ciò ch'io posso: egli ha fatta compagnia con le malattie, e godesi con loro: beato a lui! - SER LAPO tuo. xxii dicembre.