Item, del medesimo anno e indizione, e a dì primo d'ogosto. Fatto nella terra di Prato, nella casa dell'abitazione del detto Francesco; presenti . El sopraddetto Francesco di Marco, ancora del corpo infermo, sano nientedimeno della mente e dello intelletto; saporendo che impossibile è sempre di tutte le cose avere ricordo, e che eziandio la volontà dell'uomo è ambulatoria infino alla morte; vogliendo alquante cose aggiugnere e dichiarare nel suo testamento predetto, e eziandio diminuire e in meglio mutare in alquante cose il proposito, quello pe' presenti codicilli procurò di fare e fece. E prima, volle e dichiarò, che s'e Frati di San Francesco da Prato e il loro Convento di fare e ricevere la sepoltura del corpo del detto Francesco nella chiesa contrarietà facessino, o se non permettessono per gli esecutori suoi, o per mona Margherita, Luca, Barzalone e Lionardo di sopra nominati nel testamento in più luoghi, quella farsi nell'amattonato dentro della detta chiesa, con quello modo e con quella discrezione che e sì come vorranno e far si suole negli uomini della qualità del detto Francesco, eziandio sanza alcuno costo di pecunia o d'altro a dichiaragione de' detti quattro, sì come ingrati (avegnaidio non pensi che sieno), privò essi Frati e Convento d'ogni lascio, favore et emolumento a detti Frati, Chiesa e Convento provenienti, o vero che venire debbe pe' lasci suoi predetti e nel di sopra scritto testamento dichiarati. Ancora volle e dichiarò, per certe giuste e ragionevoli cagioni e massimamente perchè nella sua eredità non è pecunia in contanti, ma quella ritrarre e avere si debbe de' traffici e mercatanzie suoi, le quali sono per la maggior parte assai di lungi in più parti del mondo; che niuno legatario del suo testamento e ultima volontà d'alcuna somma di pecunia possa costrignere la sua eredità o beni o le ragioni suoi per lo suo lascio avere, nè alcuna ragione a loro s'apartenga se non dopo i cinque anni, i quali comincino in kalendi gennaio prossimo che viene. Pregando nientedimeno l'erede suo e il Comune di Prato e gli altri a' quali s'aparterrà, e eziandio i detti signor Consoli, e i detti mona Margherita, Luca, Barzalone e Lionardo, che in quello che far si potrà, e ove più di bisogno sarà, provegga di pagare eziandio più tosto, come all'onore s'aparterrà del detto Francesco, e buono per la necessità de' legatarii, come di sopra necessario pare in alquanti legatarii altrementi ordinati pagarsi, e secondo che si ritrarrà di tempo in tempo; e sì e in quanto possano questo fare, non facciendo contro nè diminuendo nientedimeno la detta compagnia di sopra per lo testatore ordinata, che duri anni cinque. E le predette cose procedano e proceder volle come parrà che si possa fare e piacerà a detti mona Margherita, Luca, Barzalone e Lionardo; e nella loro libera volontà lo rimisse. Ancora volle, che per insino che il detto Comune di Prato e i suoi quattro Rettori o vero uficiali che s'eleggieranno al detto Ceppo e Casa, saranno in tenuta della detta eredità di Francesco e ne' beni, e in perfetto principio e ordine della detta eredità; mona Margherita suo' donna, con la suo' fante o famiglia o compagnia condecente, possa abitare la casa e case e orti del detto Francesco di sopra per lo Ceppo ordinate, e ricettare gli esecutori e fideicommissarii i quali spesso da Firenze e d'altronde verranno a lei, alla detta casa pe' fatti della detta eredità: la qual cosa riputa esser necessaria per uno anno, e più forse per due. E questo alle spese delle dette erede, che si dichiareranno per la detta mona Margherita, Luca, Barzalone e Lionardo di sopra nominati. Ancora volle, che Antonio di Bicocco da Prato, maestro, se per alcuno tempo sarà in abilità di poter pagare quello debbe al detto Francesco, e tutti gli altri maestri, manovali, renaiuoli, fornacciai, fabri e vetturali, che al detto Francesco sono tenuti da quattro anni in qua, sì e in mentre che sono in abilità di poter pagare, sieno costretti pagare quello che giustamente debbono alla redità del detto Francesco o al detto Francesco; avendo in riscuotere debito modo e onestà. Ancora volle, che il salario di Tommaso di ser Giovanni da Vico, suo fattore in Vignone, si dichiari e dichiarir si possa pe' detti mona Margherita, Luca, Barzalone e Lionardo di sopra in più luoghi nominati; e scontisi la somma del suo salario col debito o vero con quello a che il detto Tommaso scritto è per debitore nella bottega e libri e ragioni del detto Francesco, in tanto quanto il salario piglia, e come la ragione adomanda e richiede. Ancora, che ne' libri e luoghi dove Guido di Sandro di Piero, fattore del detto Francesco, è scritto per debitore in certe somme di pecunia che egli riscotea, e nella verità rendeva e non si cancellava, e vero è, che per quelle cagioni, come Luca predetto sa, niente dar debba (e questo fu da sei anni in drieto), sia cancellato; sappiendo che niente rimarse apresso a lui. E questo si faccia per gli esecutori suoi, o per solo Luca; e che s'acconcino le scritture come debbono, secondo la detta verità. Ancora volle e comandò, che i suoi due altari nella chiesa pratese di San Francesco si circundin con graticolo o vero cancelli di legno di noce, come si conviene; alle spese della detta eredità, e come e detti quattro esecutori diranno e vorranno. Ancora lasciò l'orto suo da Prato, appresso al luogo dove si dice A l'Olmo, a godimento a mona Margherita sua donna, e a una altra donna la quale alla detta sua donna ha posto in sagreto, tutto il tempo della vita loro. Ancora, considerato ora lo stato di Stefano di ser Piero da Prato, suo amico, volle che quando sì mariterà alcuna delle suo' figliuole, e per maritarla, in adiutorio del suo maritare, si dia a ciascheduna, al tempo che si mariterà, fiorini cinquanta d'oro; se non già allora avenisse fosse in migliore stato, nel quale minor somma si dia per ciascheduna, come a detti quattro presidenti al Ceppo parrà. Ancora, la terra di sopra nel testamento data per l'amor di Dio a usufruttare a mona Domenica, donna che fu di Meo vocato Sacciente, la quale sta col detto Francesco, in mentro che viverà, volle eziandio dopo la morte della detta donna essere a godimento e a usufruttare a vita di Simone figliuolo della detta mona Domenica, lui allora vivendo. E l'altre cose che si contengono nel suo testamento predetto pienamente confermando. E questi affermò esser suo' codicilli e ultima volontà, la qual volle valere per ragione di codicilli, o vero di donagione per cagione di morte, e ogni miglior modo, via e ragione, per lo quale meglio valere e tenere potrà.