Choppia d'una scritta de la aloghagione del Choro chessi de' fare a Santo Franciescho, ec.. Al nome di Dio, amen. A dì xvj di luglio 1416, ind. viiij. Sia manifesto a qualunche persona leggerà la presente scritta, chome due degli ufficiali o vero rettori, Matteo di ser Nicholao e Vanni di Pavolo, depputtatti sopra il Ceppo di Franciesco di Marcho da Prato merchattante, in loro proppio e privatto nome Rettori e ufficiali, et a pro e a vicie e a nome e chome procchurattori di Giovanni di Piero Quartucci e Lionardo di ser Tomaso del Rosso, loro nel detto ufficio e rettoria chonpangni, sichome dello mandato appariscie, sechondo si dicie, per charta rogata ser Cantino di Pavolo nottaio da Prato, e della loro rettoria apparisce per ser Iacopo di ser Michele chanceliere del Chomune di Prato, e a pro e vice e nome del detto Cieppo, et ciaschuno modo et nome in tutto, da una parte; e Lorenzo di Stefano di Nicholò da Prato, habitante a Lucha, da l'atra parte; fanno e fermano insieme questa choncordia: Che e' predetti uficiali o vero Rettori danno e alluoghano al detto Lorenzo, presente e ricieventte, a fare e fornire, a ttutte spese del detto Lorenzo, di lengniame feramenti e altre cose a principio insino a la fine, et con la vollta bella che agiungha da l'una partte all'altra desso Choro all'entrare della chiessa di Santo Franciescho da Prato, e in quello luogho ove al presente è il choro vecchio nella detta chiessa, el quale in tutto se n'à allevare; uno Choro di quarantta o quarantta due sedie doppie, con gl'incinochiatoi di sopra e di sotto, o anchora maggiore, come paresse a gl'infrascripti albitri; el quale Choro el detto Lorenzo pilglia affare e fornire come è detto. Item, che detto Choro debba essere adobbato e debbasi fare alla forma e nel modo che è quello di Santo Giovanni da Firenze; mancha le tarsiere e il cielo, e non è alto quanto si richiede a esso Choro; che el detto Lorenzo sia tenuto al detto Choro ornare di tarsiere, e alzarlo e dargli suo dovere come si chonviene; e che l'alteza elle detto testiere e volticciuole tutto di legname sia almeno come quella del Choro di Santa Crocie di Firenze. Item, che ciascheduno sedere e sedia di dectto Choro si dea fare per decto Lorenzo, sia il vano e abbi di vano, braccio uno e uno octtavo, o più, secondo come parrà agl'infrascripti albitri. Item, ch'el decto Choro sia ornato e fornitto e così aconcio di buono e bello legniame, per modo sia orrevole e bello chome si conviene. Item, ch'el decto Lorenzo debba decto Choro avere fornitto et chonpiuto, colla decta volta, per di qui a tre anni e messi quatro prosimi futuri; e debba avere chominciato el detto Choro per di qui a pasqua di surresione; e così seguendo debbe conttinuoamente in esso lavorare. Item, che per pregio e paghamento del decto Choro, decto Lorenzo debba avere e riccievere, per suo paghamento e faticha, fiorini trentta per ogni sedia fornitta e doppia con li inginochiatoi, come si richiede detto Choro; et che al decto Lorenzo paiono pocho, chelli infrascricti arbitri et albitratori possino arbitrare e giudicare in sino in trentta due per sedia, se a loro parrà. Et il detto prezo o partte debba e possa pilgliare in quelle parti e tenpo e come quando n'avesse di bisongnio, e parrà a' dectti arbitri: e in quantto nollo fornisse, rendello, e restituirlo; e non di meno possa essere chondenatto per righore del chonpromesso infrascritto in quello parrà a l'arbitro. Et che el decto Lorenzo nel decto Choro e lavorio debba lavorare a buona fede, e come si chonviene a diritto artefice. Anchora e predetti recttori o vero uficciali nel detto modo allogorono al predetto Lorenzo, presente e riccievente, uno leggio grande e bello, nel mezo d'esso Choro, e quatro leggii picholi, per quello prezo e con quella forma e modo e come parrà a detti albitri. Et le predette cose promectono le dette partti, cioè el decto Lorenzo chome principale, e a suo pregho e mandatto Melanese di Ridolfo de' Melanesi da Prato e chome mallevadore, e insiementte e l'uno all'altro, actendere e observare e contra non fare o vero verare, alla pena di fiorini duegiento d'oro, per solenne stipulatione; la quale pagatta o no, le predette cose ferme stieno. Et per ciò observare obblighò e detti Lorenzo e Melanese a' predetti ufficiali e Rettori presenti e ricieventi come di sopra loro e loro hredi e beni presenti e futturi; e così e converso, e predetti Rectori e ufficiali, el dectto Cieppo e suoi beni. Et rinunziando, masimamente il decto Melanese, ad ogni beneficio che per loro in niuno modo facesse. Et per più fermezza de le predecte cose acciò abbino effecto et observanza le predette cose, le dete parti cioè e dectti Recttori et ufficciali nel dectto modo e nome da una parte, e decto Lorenzo dall'altra parte, ànno facto insieme gienerale compromesso, el quale dura anni quattro, ne' ssavi e discreti huomini Lucha del Sera cittadino et merchatante fiorentino et, in quanto lui manchasse, in Franciescho di ser Benozo et, lui manchando, in Domenicho di Lionardo, tuctti cicctadini et merchatanti fiorentini, e quali nel decto modo abbino a fare observare tuctte le predecte cose a buona fede, et in tuctte le predecte cose abbino quello arbitrio così in agiungniere come in scemare et condennare, non obstante la presente scripta, come parrà alloro coscienza: cartta roghacta per ser Antonio di Nicholao di ser Perozo noctaio: el quale compromesso sta malevadore Melanesse di Ridolfo Melanesi da Prato. Et per più chiareza, io Agniolo di Piero di Tomaso nottaio fiorentino ò facta questa presente scripta, di volontâ e chonsentimento de le decte parti, le quali soscriveranno qui da piè. Io Matteo di ser Nicholao, ufficciale e recttore et procchuratore chome di sopra è decto, fo e prometto et aluogho et ricevo come di sopra si contiene, e chosì obrigo, e però mi sono socrito di mia propia mano, detto dì. Io Vanni di Pavolo, uficiale e rectore et prochuratore chome di sopra è decto, fo e prometto e aluogho e ricevo chome di sopra si contiene e socrito per decto ser Angnio, e chosì obrigho, e mi sono soscrito di mia propia mano, dì detto. Io Lorenzo di Stefano sopra iscrito sono chontento chonduco obrichomi e prometto chome di sopra à scrito decto ser Angniolo; chosì priegho Melanese che mi sia malevadore; e però mi sono iscritto di mia mano, detto dì. Io Melanese di Ridolfo sopra scritto sono chontento e sto malevadore per el dectto Lorenzo, a suo pregho, e tutto e per tutto chome è scritto pello decto ser Angniolo, e chosì m'obrigho, e però mi sono socritto di mia mano, decto dì. (Libro di Mercatanzie, an. 1410-16, a c. 291.) Melanese di Ridolfo Melanesi da Prato de' avere, a di iiij (agosto 1416) fiorini mille cinqueciento, promettomogli per Lorenzo di Stefano, maestro di Chori, e per lui il Cieppo de' Poveri di Francescho di Marcho; al Memor. D, a c. 143. Sono per uno Choro faciamo fare in San Franciescho di Prato. (Libro D, Debitori e Creditori, an. 1414-19, a c. 221.)