Al nome di Dio. Adì 18 di giungnio 1399. Ricievetti vostra lettera. Vidila e compresi tutta la bisongnia. Al fatto della schiava, fui coll'amicho e mostrali quella parte della lettera che contenea di lei, ond'elli è diliberato d'avere di costà per alcuno suo amicho informagione. Di bellezza non se ne cura, nè perchè chiavasse volentieri, perch'ella sappia fare quello s'apartenga alla massarizia e sia leale. Niente di meno i'ò scritto una lettera a uno mio amicho da Luccha, che ne ll'ò fatte già comperare, e pure l'altrieri d'aprile ci fu che ne volea due o tre, che ssarebe stato di questa bene servito. È sensale. Credo o qui o altrove trovare modo n'arete il denaio. Al fatto delle possesioni, poi che no ci avete l'animo, no me ne travalglierò. Al fatto della ragioncina nostra, com'io ve la scrissi, così troverete ch'ell'è, e pertanto ò gra' bisongnio di que' parecchie denari. Se me li facciate dare, arollo molto caro, chè qua non si fa niente d'utile, altro che tribolare tutto dì co' dati, imposte, esattori, presure ed ongni male. Siamo peggio che ne lo 'nferno. Farebbe per noi me' male il morire che vivere. Se vi cadesse a sconcio, come che pochi sieno i denari, fatemi dare a Niccholò per pregio convenevole uno sette od otto braccia di camurra d'una ragione che mi mostrò oggi per fare una gamurra alla donna mia, che n'à gra' bisongnio. Piacciavi che ' denari o 'l panno al presente mi facciate dare. Al fatto delle lane, lascierò stare ogni altre per fare spacciare le vostre et massimamente quelle quatro farde di sa mMateo. Mandatemi questa lettoruzza a Luccha. Il vostro servo Lorenzo di Donato orafo, di Prato. 1399. Di Prato. Adì 19 di giugno. - R.