Recevei vostra letera a dì XIIII di
novembre, facta in
Firenze a dì VIIII, per
la quale ò veduto come avete recevuto mie letere, e, respondando a questa
vostra ultima letera e a no volervi più tenere in parole, ve scripvo in questo
modo, che è verità che lo
governatore è tornato più de sete jorni fa da
Portoveneri a
Genova, e pogo facto avea. E come ello è stato retornato, è
stato facto uno grande lamentare da homini chi voihono ben vivere e no
possono per difecto de mancamento de raxone e justicia, la quale no
s'è fata ni se puote ancora ben fare. E, brevementi, li
consori de li
artifici
sono stati inseme, e àno parlato de dare buono stato, e, innanti che resti,
de morire tuti contra con queli chi vorano dire lo contrario. E forono da
sesanta, li quai se trovarono in una
chiexia e eligerono octo di loro, li quali
deliberasseno come voler fara che la
cità avesse buono stato e che raxone
e justixia se potesse fare. E, facto questo, vegnono a lo
Palaxio davanti lo
governatore e lo
consiiho digando monte parole buone et savie, le quae
serebono tropo lunghe a lo scripvere; a li quai fu reposto che andasseno
apreso e che monto era loro de piaxere e de contentamento segnando le
ovre le lor parole. Unde questi octo electi ordinarono
domenega passata a
dì X di
novembre, de voluntà de lo dicto
governatore e de lo
consiiho, che
tuti li
consori de le
arte et tuti li
conestagi de le contrate, con quatro de
cauno de eli in lor compagnia, fossono ne lo
Palaxio grande de lo
governatore
la
domenega matina, sote certa penna, a odire quelo che li dicti octo
artifixi
electi volevano dire. E sono questi octo quatro
guelfi et quatro
ghibelini.
E così fo come era ordinato, e mie me retrovai a lo dicto
consiiho, et eramo
persone secento e più, e vegne a quelo
conseiho lo
governatore tanto.
E esendo in
consiiho, uno, facto priore de li dicti octo electi, expose e disse
le parole, le quae ordinate erono a dire. E questo fo in concluxione, che
volevano
elegere quatro
artifici de tute le
arte (no digo de ogni
arte quatro,
ma digo in tuto quatro), doi
guelfi et doi
ghibelini, a li quali debiano jurare
tuti l'avanzo de le arte de seguirli e esse con eli inseme, senpre che
bisognasse, a dare auxilio, consiiho, forza e favore a
meser lo
governatore
e a lo
podestà e a ogni autro maestato, a fortificare lo stato de la
coronna, e
de far fare raxone et justixia cossì de lo magiore come de lo minore, e monte
autre cosse. Unde fo deliberato che li
consori de le
arte lo
lunesdì sequente
fossono inseme con li loro
artifixi de la dicta
arte, e ogni
consoro desponesse
et dixesse l'intencione de li dicti oto
eleti, et, passato mangiare, li dicti
consori retornasseno a li dicti octo et refferisseno como erano deposti de volere
fare. E così se fexe, e poghi trovarono male deposti; unde questi sono andati
apresso a seguire il fato. Non àno ancora
eleto li quatro, ma eli àno ogi auto
balia da lo
governatore e da lo
conseiho de
elegere e de andare apresso, unde
monto ne sono remaxi invaghiti certa mala generacione, niente di meno pur
ghe n'è stato di queli chi se sono inchinati e de
denari e de persone.
No so dentro come se sia, tanto vego che questi se sono movuti a buono
fine vegando la
cità disfata, e pertanto credo, e se crede per li buoni, che
compirano la loro intencione, perzò che quelo che tratano eli, tratano a buono
fine e a honore de
re et de lo
governatori et a salvatione de' grandi e de'
piceni, e de' gentilomini. e de populo, et de'
guelfi e de'
ghibelini, azò che la
cità e le
Rivere no se desfaza, e che se faza raxòn et justixia cossì su lo
grande como su lo picèn, perzò che de la
cità de
Genova se incominciava de
fara una spironca, latronie, et za li sbanditi intravano per la
cità e andavano
più inseme la note. E pertanto ogni uno se crede, che le cosse prenderano
buono termine, possando questi fare; e no possando fare, sarà tra loro tanti
guai et triboli, che fie imposibile secondo il comune parlare. È vero che
domane a die XV credo serà menati doi a le forche de questi malifatori. Unde,
in concluxione, se io fosse in vostro, credo e' me farei lo segno de la sancta
croxe e meteremi a venire. La
cità è sana, la
marina è segura da
Motrone a
Genova, e la nostra
galea
armata. È verità che è de
inverno. Vore' che voi
fossi ben
armato e non fossi tropo inpaihato de gente, salvo de buoni
marinai,
et ve partisse per buono tempo e no per cativo. Ò visto come avete dato la mia
letera: responderanome se vorano.
Facta in
Genova, MCCCLXXXXVIII, a die XIIII di
novembre, per
PIERO de' BENINTENDI, servitore vostro, etc.
De queli doi marfatori, àno auto taihato la testa in la
piaza de
Palaxio
a die XV, e, se fossono iti de fuori, serebono stati strapati da li sbanditi e
autra gente. Me ve diedi reposta al facto de lo
podestà; e per questa ve
digo che jà era stato provisto e mandato per un autro.