Di poi ch'io tornai a
Firenze con le vostre lettere, ho
tardato fare alcuna risposta, perchè mi sentiva l'animo
torbido pe' fatti di
Francesco di Matteo, e per altro; e
astettava qualche dì, ove io avesse la mente quieta e
riposata, come or mi truovo. E voi sapete che nell'acqua
torbida non si cognosce nulla. E lasciando stare ora quanto
dite dell'esser meco un dì tutto, e come v'è malagevole lo
scrivere a me, e dello amichevole e buono animo ch'avete
verso me; chè d'ogni cosa parleremo altra volta, come che
Iddio ho pregato e priego ve ne renda per me merito di tutto,
poi non sono in stato da
potervi meritar io; solo vi dirò alcuna cosa, per
mostrarvi che da cuore io v'amo, e intendo questa vostra
onesta amistà mantenere insino a morte.
Francesco, io non considerai mai lo stato vostro delle cento
volte l'una, ch'io ho fatto poi che della vostra
casa mi
parti'; e a cammino, e nel mio
letto, e nel mio
studio quando
più solitario sono stato; e sopra ciò mi costrigne la carità
dire il vero, el quale mi pare sia la più cara cosa fra gli
amici: e farò con voi, come fo spesso qui con un altro, che
m'ha dato l'essere, dopo il padre mio, che è de' più cari
uomini che chiudano le nostre mura.
Io avea bene udito da voi, per lettera, delle vostre angoscie
e degl'impacci avete delle cose del mondo: ma vedutole con
l'occhio, sono molti più ch'io no stimava; avendo riguardo
alla noia della
casa che fabbricate, de'
fondachi ch'avete in
lontani paesi, de' conviti, delle
ragioni avete a
saldare, e
altre cose, che mi paiono tante e di tante maniere fuor di
nicissità, ch'io ho veduto che non v'è possibile potervi
celare una ora dal mondo e da' lacci suoi. E avendovi Iddio
sì ripieno di grazie delle cose terrene, e datovi mille
avvisi, perchè ve n'avveggiate; siete forse presso a
sessant'
anni, libero da pensieri de' figliuoli, e vorrete
astettare a ravvedervi quando sarete al capezzale, e sarà
aperta la stanga della morte? Vedeste la donna vostra, pochi
dì fa, presso al punto abbiamo a venir noi; che fu
sofficiente bastone a farvi ricogliere le sarte di tanti
pensieri, in quanti vivete de' fatti del mondo.
E però, conchiudendo, vorrei che v'avvedeste di
regare a termine molti vostri fatti, che voi stesso dite
sono isquadernati; e ancora più presto poteste far fine a più
murare; e delle vostre ricchezze e
entrate fare limosine con
vostra mano; e che queste ricchezze, voi ne faceste quella
stima se ne dee fare, cioè averle come se no l'aveste, e non
porvi sì su a giacere il cuore vostro, che voi ne
dimentichiate Iddio, che v'ha dato ogni cosa: chè vedete, che
ogni cosa avete a lasciare; e la ruota volge per voi come per
gli altri, che tutto dì vedete morire e cadere. Non dico vi
facciate frate o
prete; ma dico diate modo al vostro vivere:
che quel ch'è di Cesare date a Cesare, quel ch'è di Dio a
Dio; cioè parte della
settimana o del dì a Dio, parte a'
parenti e agli amici, nelle cose oneste che appartengono a
mercatanti; che pare a me vi sia molto richesto. Più non
dico, ch'io non saprei ristar con voi. Priegovi bene, questi
miei pensieri fedeli e pieni d'amore siano segreti; e siano
tagliate tra noi tutte le lusinghe che s'usano nelle lettere.
E allora vedrò esser vostro amico quando mi scriverete come a
Simone fareste, il quale io vi raccomando.
Solo restava dire de' fatti di
Niccolao Martini, per cui io
ho fatto e farò come per voi propio, poi che così volete.
S'egli avesse un pelo che pensasse di me altro che tutto suo
bene, egli errerebbe: ma Iddio vede i cuori; e Lui priego
mostri a voi e a lui il mio. Ma oltra 'l possibile, niuno è
tenuto. E pur domane debbo fare per lui alcuna operazione: e
sanza più dire, credo crediate io non fosse mai lieto, se le
cose andassono male, e io avesse potuto far fare la pace; la
quale io temo
Niccolaio propio non abbi isconcia, per voler
credere pure a sè, e non a chi l'ama più che non pensa. Ma
più savi
di lui hanno errato ne' loro fatti!
Il dì di
San Giovanni, 24 di
giugno.
LAPO MAZZEI vostro.