Tornando da
San Giusto, veduta la vostra cortesia, del
venirmi a vedere e non trovarmi, rimasi tutto vergognoso. Non
so come mi possa rendere guidardone a tanto onore e amore.
Sarei venuto a voi a
Prato, ma era già sera. Io era passato
da
casa vostra, non per ristare; però ch'io so la
casa per me
e la
stalla per lo
cavallo, e non mi curarei perchè non foste
a
casa. Ma passai per vedervi; e perchè m'imponeste, se
volevate cavelle da
Firenze. Io entrai in
Prato a cavallo, e
nonn'ascesi; ch'io feci mio fatto, e ritornai qua. Salvo
ch'io
iscontrai il
Podestà, e
grava'lo in servigio
d'alcuno amico che ha a far con lui.
De'
vini non vi dico; chè non mi ricorda vedergli mai
migliori a
Prato. Ma e' si possono bene maravigliare esser
usciti da sì fatta
magione di uno villano, che non ha mai
intorno se none
lavoratori. E di vero, io ne feci uscire
stasera parecchie della memoria; che dissi ch'egli erano
vini
che vi veniano da
Vignone in
fiaschi! E parve loro sì buono,
quel
dolce, che sel credettono. Per amor mio, se mai mi
dovete servire, questo non sia più. Io so dove sono, e basta:
e ho qua buono
vino da
Vellano. Io me ne vo a
Firenze
domattina. A Dio.
LAPO vostro,
domenica notte, sonnocchioso.