Più tempo fa, ch'io non v'ho scritto. Sarebbe lungo a dire la cagione. E
anche a
Francesco ho iscemate le
carte e le
copie delle lettere, le quali con
tanto piacere gli solea mandare. E tutto ho fatto per bene; e massimamente
perché ogni cosa di questa vita, che altre ha in abbondanza, subito viene a
tedio e a fastidio: e come che i miei fatti siano disutili e vili, io gli ho un
poco ritenuti, per non guastare gli stomachi che sempre si dilettano mutare
vivande. E veggio però che da voi mai non verrebbe, se io istesse uno
anno, far
domandare di
me o mia
famiglia, o di quella di
Guido, non che scrivere una lettera; che
m'è detto ch'avete così bene apparato, che è una maraviglia nella etade che
siete, nella quale l'altre sogliono dimenticare.
Io vi priego carissimamente vi ricordiate delle parole mi diceste in
casa vostra
quando vedavate il vostro buono
nipote infermo di tale infermitade, nelle quali
tanto sodamente e tanto francamente isprezzavate queste ricchezze che possedete;
e con molto lieto animo domandavate a Dio essere isciolta almeno d'una grande
parte, e turbavatevi che 'l vostro
compagno e
signore
Francesco v'era così entro
occupato; e che disideravate che questo suo buono animo egli il mostrasse a Dio
a sua vita, con darne a' poveri suoi: che dice santo Alberto, Che Dio è più
contento d'uno
danaio a vita, che d'uno monte d'
oro a morte.
A questi dì è capitata a me quella povera
vedova del
Serraglio, che
vende
funi,
e ha quattro fanciulle da marito; che le fu tolto uno
pegno, e
pagò al
messo xxx
soldi, che no gli
guadagna in uno
mese. E holla aitata tra colla persona e con
le lagrime tanto, che forse per quello non ci arà più a tornare. Altro non posso
bene bene, e voi il sapete. E non so chi ella s'è, nè d'onde; chè non vorrei
Francesco credesse ella fosse del
parentado mio, che voi dite di
Giovacchino.
Già ho costei messa innanzi agli occhi a
Francesco, ed egli ha meco gli orecchi
impeciati. Lodato sia Iddio d'ogni cosa! Ma io veggio qui perire tali e tanti
mercatanti, che e' non sarebbe gran fatto che
Francesco facesse parte al povero
che gli è recato innanzi: almeno se non per l'anima, ma perchè Iddio gli
salvasse quello ha con tanto sudore acquistato.
Conchiudo con voi, ch'io vi richeggio e priego per la parte di Dio, e per
l'amore che è fra tutti noi, che se quella è miseria, com'io credo, che
confortiate
Francesco che ponga la mano a una di quelle fanciulle; e io vi
prometto ch'io penso e' ne sarà egli stesso più contento che di quante mura egli
ha mai fatte. Buone sono le
chiese, buone le
dipinture; ma per una volta che
Cristo le ricordasse, più di cento ricordoe i poveri. S'io errasse, perdonatemi.
Ma io spero in Dio e nell'amore ch'io vi scrivo, che voi arete per bene ogni
cosa, come per bene vel dico. Sono vostro. E dite a
Francesco, che ciò che farà
in ciò, terrò abbia fatto alla mia
famiglia; e a mio
conto gli ponga. E se mai
io avesse bisogno di più
danari, o di suo aiuto di
danari (che spero di no), mi
riterrò, e dirò: Al tal tempo me ne diè cotanti; io non ne debbo voler più. -
Ser
LAPO vostro. VIII d'
aprile.