Francesco mio. Egli è stato propio dono di Dio, al mio
parere, l'accozzamento di
Bartolo e mio, a sedere oggi in
Santa Maria Nuova, cioè nella
chiesa chiusi: dove la prima cosa chiesi di
grazia io volea potere parlare insino a mezz'ora, che mai
Bartolo
mi dovesse far risposta; dipoi io era atto attendere lui insino di
notte. E innanzi a
Bartolo dissi: Fa' figura tu vadi a'
Sei per
sindacato o per altro; la risposta ti fia fatta per
Francesco e per
me, o per
Luca, fia questa. E fegliene una gagliarda, quanto parea
Iddio m'aitasse favellare; e tutta quella
sentenza gli lessi innanzi a
parola a parola. Dipoi gli dissi del turbamento vi dava ogni dì; e
quanto bene guastava d'uno vostro
Ceppo, che ogni dì siamo alle
mani, che porta
migliaia di
fiorini. E in quanti diabolichi pensieri
v'avea già messo; e come
Bartolo più turbava in una richesta, che
gli amici di
Francesco non tessevano
in uno
mese. E insomma, io avea diliberato di chiedergli in questa
chiesa una singularissima grazia, la quale era questa; cioè, che si
disponesse tutti dì della vita sua, cominciando oggi, a volermi per
suo amico. E poi mi distesi a' danni gli verrebbono, de'
debiti
cattivi più che e' non stimava, quando aremo l'ultima risposta da
Vignone; e della vana speranza egli avea nella
ragione da
Pisa; e
che pazzìa era domandare cose ieri finite, o
libri vecchi del
fallimento di
Boninsegna ch'erano in mano de' suoi
creditori, morti
già è vent'
anni. E non vi potrei dire la grazia e la forza Iddio mi diè
nella persona e nella lingua; che, come villano ingrato, mai non ne
sarò conoscente. E ove mi volesse per amico, disponessesi a
credermi per l'onor suo. E se la via del
piatire gli piace più, io mi
disponeva, sanza fargli mai inganno,
Luca e io a perseguitallo tutti
dì della nostra vita a ogni
Corte ch'egli andasse; solo alla difesa di
Francesco, con la
ragione in mano.
A niuna cosa
Bartolo fe risposta (ch'era ventato rosso come fuoco),
se none all'amistade: che e' non fe mai cosa che più gli dilettasse.
E presemi la mano ritta, e disse parole verso me da non scrivelle
per soperchie e vane; solo per fermare questa amistà:
ringraziandomi tanto, ch'io nol potrei dire: di questo venendogli
quasi le lagrime agli occhi, e onorando voi di parole; che n'ebbi
maraviglia. E poi si levò, e tirommi all'
altare, quasi non possendo
parlare; e non vedendo messale, prese uno
libro dal
leggio, in mio
dispetto; e giurò innanzi alla maestà di Dio, facendo
+ in sul
libro, che egli nè suo fratello nè suoi
parenti o amici mai offenderà
Francesco nè
Luca nè lor cose, nè mai farà
richiedere a
Corte o
fuor di
Corte: e non solamente di me, ma e' vuole l'amistà vostra e
di
Luca, e ch'io me n'adoperi. El
conto di
Pisa e da
Lucca per
carta
vuole
cancellare: e
ch'io il richeggia, che me lo atterrà, come ad amico suo, che e' mi
chiamava. Solo de'
panni da
Vignone io adoperi e' perda meno si
può, se nulla v'è avanzato. E di questa parte, innanzi io ristesse la
mia dicerìa, glie n'avea data quella speranza mi parve; con dire
però egli: Mai ne parlerò più che l'amico mio voglia (cioè di me
ser
Lapo). E ogni volta si vuole legare con voi in compromesso in me,
se legar lo volete, ch'egli atterrà il suo fedele sagramento.
De! ritornate alla pace vostra; chè Dio non fa queste cose se non
per nostro bene, però ch'egli non ha bisogno di noi. El peso è
gittato a terra, grazia di Dio. Mostratela a
Luca, e non ad altre; se
vi pare. Tornai a
casa alle 2 ore. -
SER
LAPO vostro. 16
dicembre.