Al nome di Dio. A dì 23 di
gennaio 1394.
Di poi che 'l
fratello di
Nanni da Santa Chiara fune partito
avemo una tua lettera, la quale m'à data molta manichonia, perché
vegho te esere chon tanta manichonia; bench'io no' sapia bene la
chagone, ma sia che si vogla, perché piglala per modo che tti faca
male per l'anima e per lo chorpo? Ma perché no' fai tue di questo
e dell'artre chose, chome tu ne di' che faresti de'
figluoli, se ttu
n'avesi, ché di' che, se Idio te li toglese, rimarestine chosì per
chontento? Se noi rimettesimo i' lui ogni nostro fatto e di c
iò
che avenise fosimo chontenti, non aremo delle pasioni che noi
abiamo. Se noi pensasimo alla morte e quanto ci s'à a stare pocho
in questo mondo, no' ci daremo tante pene quante ci diamo e lasceremoci
ghovernare a Lui e di tutto rimaremo per chontento:
dispiace tropo a Dio chi si schognosce! Richordati di que'
libri che
ttu legi quando sène qua e non ti darai tanta pena quanto tu tti
dai; no' credo che sia né uomo né femina che se n'abia a dare meno
di noi, perché abiamo molte grazie riceute da Dio e non abiamo
charicho niuno delle chose di questo mondo: queste sono grazie
no' chonosc
iute, ché può avenire che noi non estiamo bene 2 persone,
pure che noi siamo pacienti d'alchuna choseta che può adivenire.
Pensiamo a quegli ch'anno a portare di grandi pesi e no'
gli posono fugire, rimettiamo i
n Dio ongni chosa e lasciamo fare
Lui dell'avere e dalle persone ciò ch'è di suo piacere, e chi questo
facese non arebe tante pene.
Rachomandami a
meser
Piero e a mona
Simona e a chi tti pare
e pensate a fare bella la festa. Idio ti ghuardi senpre.
per la
Margherita, in
Firenze propia.
Franciescho di Marcho, in
Prato.
1394 Da
Firenze, a dì 23 di
gienaio.