Al nome di Dio. A dì XXII di
marzo 1394.
iSchiatta ci fu qui
domenicha, egli e lla donna sua: veniva per
tôre uno fancullo a
balia, non si achordò cho' niuno; lasc
iò che
venisono a favelare a mme, a 'formarsi mecho, perch'è nostro
lavoratore;
no' ci sono mai venuti a me per darmi la risposta, lascomi
ch'io ne gli facessi cerchare d'uno; io non n'ò fatto cerchare e non
ne farò cerchare, perch'è chosa d'averne pechato e verghogna, perché
la donna è vechia e 'l
late abundato, bene ch'ella dicha che
gl'abia pocho; sì che, pertanto, digli che se ne prochaci chostà e
guarda che 'l
Saccente nolla sapia, che gle ridirebe subito ch'io
no' llo volesi servire.
iSchiatta m'à detto che 'l
Sacente gl'à detto
che ttu volevi ch'egli batezase questa
ischiavetta e
Schiatta la dovea
batezare cho' lui: anche di questo no' sepi mai nulla. Tu sai che
quando ti partisti di qua la fanculla avea auto male e chosì
domenicha
ebe grandisimo male e chosì la notte, tanto che mon
a Ave
si diliberò di batezarla il
lunedì e chosì si fece; batezorla mon
a
Ave e lla
Chaterina e 'l
Fattorino: che Idio le dia grazia ch'ella sia
profetta e buona cristiano e a noi ne dia buono servigio!
Della donna esere savia, vorei esere chome ttu voresti e chome
a me bisognerebe: sarò un'altra volta più savia e no' ne iscriverò se
none quello ch'io vedrò; in Dio mi rifido, che, chon quello animo ch'io
lo scrivo, chon quello animo m'aiuti Idio.
Altro per questa non c'à a dire, Idio ti guardi.
per la
Margherita, in
Firenze.
Franciescho di Marcho, in
Prato.
1394 Da
Firenze, a dì 23 di
marzo.
Risposto.