Al nome di Dio, a dì primo d'
aprile 1394.
Per chagione che lla malinchonia m'asaliscie di pùe partte ongni
dì, e per non esere di tropo grande bisongno, non ti iscrivo molto di
mia mano, chome che una te ne scrissi ne' dì pasati, di mia mano, per
Nanni da Santa Chiara, che per anchóra no m'ài rissposto: chome che
monta pocho, pure l'atendo.
La
quistione, tra quelli dello
Ghonfalone e me, è achonca per
mezo
Guido di meser Tomaso; mancha solo a fare le chose per modo
che a me sia chiaro per modo che mai, nè qua nè chostà, non mi
possa eserre dato inpacio. A questo non è se noe uno modo, cioè per
riformagione. E questo fia mallagievole a fare, in però che lla chosa è
tanto ischoperta e chiara, al piccholo ed al grande, dello tortto ispesso
m'è fatto, che lla giente che aranno a rendere la
fava
nera, no llo
voranno chonsentire; e bene ch'io sia d'achordo cho lloro, la gente
diranno, noi no volglamo chonsentire ch'io sia rubato a questo modo.
Alchuni dichono che andando
Guido alla
ringhiera e poi io, che lla si
potrebe vincere: àcci molti diri. Io foe e farò quanto
Guido mi chonsilglerà.
Volssi preghare Idio che per sua santa miserichordia ne
chonceda
il melglo delle anime nostre: siamo in sue le chose. Dirotti che
segurà a dì a dì, e tue riferirai a
meser
Piero tutto, chome che in
questa ora io gli credo iscrivere quanto è seguìto insino a que.
Io atendo parecche
buttarghe da
Pisa, ogi o domane; chome l'avesse,
ti manderei delle
buttarghe e de'
chapari per
meser
Piero. A
monna
Simona mandai ieri
ischinale di
storione, e in questa ora ne
mando uno alla donna di
Nofri di Palla. Quando a Dio piacerà,
ristorerò
Niccholaio Martini e tutti gli altri nostri amici di chostì e di
qua.
In questa ora è qua fallito uno
pezaio, chon
f
. 250 de' nostri: di
tutto sia lodato Idio. Non so chome la chosa rimarrà: sonvi molti
inpacati, ed èvi
Nicholò nostro in
f
. 100; ma egli àe paura di pegio.
Per lo fatto di
Pisa non si sa anchóra. È falito cholui che mi disse una
volta "almeno fósi tue da
Firenze". Se a Dio piacerà, e' ce ne resterà
pure qualche uno che noi andremo a vivere in qualche luogho, a
vivere sanza tanta faticha d'animo e di persona chome abiàno fatto
insino a que. Bene ci vanno uanno tutte a uno modo. Di tutto sia
lodato Idio senpre, ed a noi dia grazia per sua santa miserichordia,
che tutto portiamo in pace: quanto io sono dissposto di farlo a mio
podere.
Scritto insino a que, n'ebi una tua per
Nanni da Santa Chiara e
chon esso quanto mandasti. Rispondo apresso e brieve perché non c'à
tenpo, e io òè a fare cho'
regholatori e chon altri per questi fatti.
I fatti di
Lodovicho di ser Iachopo e di
Giovanni di Simone pilliciaio,
tue, nè
ser
Chimenti, non mi di' nulla. Per questa io iscrivo a
Giovanni: falglele dare. De' fatti di
Lodovicho non so ch'io mi dicha:
tosto ne farò una fine, se a Dio piacerà. Bene mi sa male che mi
chovengha guastare il servigio: sono delle altre mei ventura! Ma io
sono sì ghastighato, che mai non vi rinchappo in niuno, salvo in
alchuni a chui io mi tengho obrighato per la loro chortesia.
Alla parte di monna
Lionarda non so ch'io mi dicha; vorei avessi
potuto fare loro uno grande onore, perché lo meritano per pùe ragioni:
chi fa quello puote è schusato.
De
ronzinello non è altro a dire. Io sono chontento che
Antonio no
ll'aba, per none avere a dirgli la bugia: a mme no ne parllò nè io a llui.
Aopera il detto
ronzino chome ti bisongna e poi lo darai a
Nanni,
quando lo potrai mandare; e manda due
barili di quello
acieto, per qua.
Di
Meo non è altro a dire: dilgli che sarà buono che torni a stare
al
Palcho ogimai, se non è tornato ora. È bisongno guardarvi, a cò
non ci sia guasto quello che tanta faticha vi s'è durata. Era meglio
tenere chostì
Nanino che lui: istà male l'uno luogho e ll'altro sanza
lui, e
Nnanino farà quelo farebe elgli.
Del fatto de l'
orticino, ne fa quello ti pare; dì di fare molto bene
apuntenllare l'
uscio della ghora e quel da via, tanto ch'io vi sia.
De'
ceci nonn è altro dire: mandami parechi de' buoni.
A' fatti di
Matteo nonn à altro dire:
fara'li dare una lettera sarà
chon questa.
Della
mula e
morello fa che abi chura, sì che si ghovernino bene.
Di più chose che di' mi mandi, nonn ò aute. Saranno rimase per
dimentichanza: mandale quando ti viene a punto.
Francescho di Marcho, in
Firenze.
Monna
Margherita, donna di
Franciescho di Marcho, in
Prato.
1394 Da
Firenze, a dì primo d'
aprile.