Al nome di Dio. A dì 18 di
gennaio 1387.
I' òe ricevote pue tue lette
re, a le quali io non t'ò fatto risposta, e lle chagioni
sono molte, le quali mi taccio p
er ora p
erché non sono bene sano ed è 4 ore di
notte e domatina òe a p
rendere
medicina, e se io entrase ne· liceto de'
Ghanghalandi,
io no· ne sap
rei uscire istanotte. Potrebemi esere danno e altro non
ne sarebe, e però mi vo tacere.
Ma tanto ti dicho che, se io avese l'agio, io ti direi chose che mmi sarebe
verghongna, ma tanto ti vo dire p
erché di tutto non poso lasciare la mia pocho
savia natura. Io sono già istato inghanato da molti e istati mi sono già fatti delgli
oltragi. Non mi parve mai ricevere tortto da p
ersona se no
n da tte. Le chagioni mi
tacerò ora, e quello me ne pare e quello ne giace nel'animo mio non mi uscirà dello
ghozo istasera quello ò volgla di dire.
Ma di certto, o io sono erato o in te mi pare si posa dire due dettati che corono
tutto dì nel mondo intra le genti: l'uno dice che llo magiore erore che sia nel'uomo
sia quello ch'elgl'à i
n se medesimo di parergli esere molto sav
io e non esere, e
dicesi tra gli uomini savi che astuzzia e senno non è tutta una chosa. A tte si pu
ò
dire astuzio e noe savio inperò l'uomo savio non era mai ma l'astuzio era tutto dì.
Ancho cor
re uno altro dettato che dice "cholui è ciecho che crede ch'altri non vegia
lume". Di certto tu sè di quelgli a chui toccha molto. Tu tti credi che c
iò che tue
imagini ti vengha fatto e credi fare il male e che no
n si sapia. Io ti ricordo che llo
p
rovenzale dice uno p
roverbio che dice "tanto va il ferato al pozo che vi rimane".
Chosì conterà a tte, e bastiti questi III dettati.
Tu mmi chavasti delle mani falsamente
f
. CLX e destemi a i
ntendere quello ti
piaque. Poi m'ài tenuto a parole pue d'uno
anno ed à'mi date parole. Or fà di
rimetermi detti
d
anari e farai di tua cortesia e no· me ne tenere pue a parole. E se
non ti fidi di me, manda i
d
anari qua nelle mani d'uno tuo amicho e io gli darò la
scritta, ma che sia chon consentimento di
Boni
nsengna. No
n vorei t'avesi i
d
anari e io la
scritta. O
r tue ti fà p
rometere chostà a
Boni
nsengna e, se io darò
la
scritta a chui dirai, e chosì sarà fatto e io ne p
renderò una
poliza di
contentamento chome ara' ricevota detta
iscritta e alora la mia fermanza sarà libera
da tte.
Di quello abiamo a fare insieme, i' òe iscritto a
Boni
nsengna mio pare
re ed
òlgli chomeso quello ch'io volglo fare. Cho· lui te n'acorda chome facesti l'altra volta
e io rimarò p
er contento di quanto
Boni
nsengna farà. Non ti feci mai male ed ebi
volgla di fare.
Se tue m'ài fatto quello non déi, Idio ti p
erdoni! Non c
i à tenpo dire pue p
er
questa, ma tanto ti disi mai no· rimasi inghanato di p
ersona quanto di te, e fortte mi
duole e altro no· ne posso p
er ora. Non te l'ò s
ervito.
Francescho di Marcho in
Firenze.
[indirizzo:] Andrea da Siena in
Vingno
ne.