+ Al nome di Dio, ame
n. Dì XXVI
sette
nbre 1388.
Io v'ò scritto ne' dì passati alq
ua
nte letaruzze (e) fatto r
isposta a II vostre
aute in q
uesti pochi dì, (e) di poi no
n ò da voi lett
era, sì che no
n mi stendo in
tropo dirvi.
La
chopia del
testame
nto di
Nofri vi ma
ndo com q
uesta, (e) chome p
er
esso vedrete, esso mi richonoscie nella forma vedete d'una parte
agnielline 988 di
macello d'
Arli, le q
uali sico
ndo p
er iscritture viddi q
ua
ndo chostì fui
f
.
XXIIII
.o eran
vendute il C. Vero è che chome p
er lo
testame
nto vedrete di questa
som
ma di 988 ne vennero p
er l'adiet
ro ma
ndata
[sic] sulla
nave
Santa Maria
balle IIII
.o, che furo
agnine 400 o circha. Q
ueste vennero nelle mani di
Matteo d'Antonio e
compa
gni di
Pisa, (e) q
ueste die fare buone
Matteo (e)
compa
gni o
mostrare chome di ma
ndato di
Nofri n'abino altro fatto, p
erò che fu q
ua
ndo
Nofri morì. Ap
resso è
obrighato
Matteo e
compa
gni a fare buona ogni altra chosa
avesse auta
Antonio Sanguigni p
erò, chome p
er lo
testame
nto apare, Nofrio
veta a
Matteo che no
n dia la sua parte della
grana ad
Antonio, la q
uale è con
Matteo a chomune, p
rima che ogni suo leghato che a
Antonio Sanguigni
dipe
nda sia p
er Antonio adenpito. Sì che o
Matteo die tenere la
grana o adenpire
e leghati, p
er che q
uesta parte d'
Antonio vuole che stia in seq
uestro, chome
p
er lo
testame
nto vedrete.
Or sì che voi vedete in q
ua
nto
Matteo e
conpa
gni son p
er vighore del
testame
nto tenuti. (E) a buona fé voi sapete quello mi fe' q
ua
ndo chostì fui, ché
mai più chari macharoni che i suoi no
n mangiai. Son de' baci di Giuda. P
er Dio,
Francescho, mostrateli le ragioni mie (e) richordateli le sue gran p
roferte. Esso n'à
più di
f
. 400 (e) tièglisi (e) fa gran male. P
er Dio no
n è mia intenta che chosì
resti. No
n voglia p
er q
uesto abia chostì altra volta a venire, ché troppo mi fu
amara l'altra, salvo la paura. Fa gran bene a farmi dovere, (e) dove nol facci, a Dio
me ne doglio, (e) penso che lui ci mettarà rimedio
o uno alt
ro.
D'altra parte mi richonoscie
Nofri
q
uintale I di
stame, che son
li
. 120 di
Firenze
o più, il q
uale era in mani d'
Antonio Sanghuigni (e)
vendessi
f
. XXV il C in
Firenze. (E) richordomi che, essendo
Antonio Sanghuigni qui, mi disse: "
Andrea, lo
stame vostro - cioè di
Bartalo Monachini (e) mio - è
venduto sico
ndo ch'io ò da
Firenze, (e) male, ché p
er f
. XXV l'ànno dato - ché più di XXX
valia il C", sì che
esso sapia bene ch'era mio.
D'altra parte richonoscie a me IIII
balle di
lana, q
uesta ò auta p
er le mani di
Francescho di Buonachorso e
compa
gni di
Pisa.
E più richonoscie a
Bartalo Monachini II
sacchi di
lana lavata, la q
uale era in
Gienova nelle mani di
Francescho di Buonachorso, ed è 1
/1 di
Bart
alo (e) 1
/1 mia.
Bartalo à scritto loro che mia volontà ne facino gra
n tempo à, e q
uando
Stoldo fu
a
Gienova, disse gli avia fatti
aconciare a
co
nto di qui, (e) poi abiàn trovato che n
no,
(e) già eran
aco
nci qui. Sì che vedete chome va ogni mia chosa. Sì che p
er detto di
S
toldo gli abia già auti qui (e) spesi (e) poi m'à co
nvenuto ritornarli indiet
ro. Son
l
. 33 (e)
s
. [***] di
gienovini, se ben mi richordo. P
er che vi p
regho, se fare si può,
che abiamo q
uesti, (e) p
er amore di me siate loro tenuti di guardarneli di
danno, p
erò
aleghano che senza parola della
reda no
n gli darenno. Guardate che ragione è
q
uesta, ché, se mai no
n vi fosse chi pigliasse la
redita, mai no
n gli arei, sicondo
loro. R
ispondete.
Or,
Francescho, a p
regharvi chome padre e a mani giu
nte i' vi vo p
reghare
che, vedendo la tribulazione in che io vivo (e) vivarò fino un fino o buono o chattivo
ne senta (e) che più no
n ci abia a pensare, vogliate p
er me fatichare in
gitta
rmene o p
er un modo o p
er altro. (E) q
uesta sarà I
.a delle magiori grazie
fare mi poteste, e p
er quella la terrò, facendomi vostro p
er sempre. Or io ve ne
dicho ta
nto (e) ò detto che forse ve ne do tedio, (e) p
erò di q
uesta parte fo senza
più dire. Voi arete le
chopie (e) avete la
p
rochura (e) alzì
Istoldo ve ne '
nformarà
a pu
nto, p
erò che a lui n'ò moltisime volte scritto a pieno, e pe
nso ap
resso voi
seguirà q
uesto fatto p
er amore di me. Esso vi darà la
chopia.
Io adop
ero in ogni vostro fatto q
ua
nto posso. Farò mio podere sarete
pag
hato da
mes
ere
Stefano di Miramonte di
f
ra
nchi 30 o morrò nella pena. P
er la
p
rima ne sap
rete novelle.
La
scritta mia ebbi (e) ancho no
n è tempo da meritare il servigio. Dio mi dia
ta
nta vita ch'io fare lo possa!
Egli è ora a
Siena mio
fratello
Ghino. A lui ò scritto facci p
er voi chome p
er
padre, (e) p
ertanto, se nie
nte v'ataglia che p
er lui si possa, chome di me ne fate,
bene che da più di me il trovarete.
Cristo vi guardi!
Andrea vostro in
Vig
nione salute.
[indirizzo:] Francescho di Marcho in
Firenze
(e c.). A.
[mano non identificata; data di ricevimento:] Da
Vignone, dì
[***] d'
ottobre
'388.