Reverende domine
Francisce. Poi che arivai in
Genova no ebi uno jorno di
bene, perzò che arivay no ben sano per la tenpesta de la
marina, chè ebomo
grosso mare; poi trovai che la
casa mia avea auto grande dano per caxone de
una autra
casa chi m'è a lato e la quale bruxò doi
barchi de sopra e vegne iuso
lo
teto. Erano coloro che ve stavano e ancora stano
prestatori, et peihoraronsi,
tra loro e queli li quali v'aveno loro
pegni, più de
fiorini VI cento. Sichè la mia
casa recevè grande dano per defendere quela e ancora la mia; e morirono in
quela
casa quatro homini et tra li autri uno mio vixino nominato
Janus Marufo.
Era valento et savio jovane, et fone grande dano.
In apreso trovai la moria, e ancora l'abiamo, de queli soci mali de morbo
e de corpo. In apreso a questi jorni ebi nuova de lo mio
fiiho nominato
Justo
come era intrato in Peira con una soa
nave carica de
grano venuta di
Caffa,
e intròvi a die XVII de lo
meise de
luiho sano e salvo e con buono
guadagno.
Questa nuova era a mie buona, ma in apresso seguitò, de ivi a cinque jorni,
che la moria era grande in Peira ed eravi morto ben da dexe persone
nominative e buone et tra li autri lo mio
fiiholo, il quale, come v'ò dito, intrò
quivi a die XVII de
luiho sano e salvo, e a die XVIIII ge vegne ne la mano
senestra una
brugola de queli mali, e a die XXII su l'arba de lo jorno aspiravie,
e quelo propio jorno e in quela ora lo dicto
Justo naque e compiva
agni XXVIII. Ed è vero che uno
citadino de Peira, il quale era venuto con
lui de
Caffa in Peira su la
nave de lo dicto
Justo, lo fexe venire in
casa sua, e
ebe ogni cossa che aver se potesse per suo scampamento, e confesose e
comunicosse e presse l'
olio santo; e ancora fexe
testamento; e penso li soi
facti siano in mano de persona che ne renderà buona raxona. Abiamolo
benedeto a Dio, chi dato a noi l'avea e a sè l'à voluto tirare. E questa nuova
abiamo auto a die XXV de lo
meise de
septenbre. In
Caffa era monto sano e
grande mercato de
vitualia:
valevavi il
grano
moja VII somo uno. Il somo se
raxona
fiorini VI et lo
moiho de lo
grano
mine III di
Genova. Aspetase
nave
doe di
Caffa cariche de
grano per tuto lo
meise presente. Or, per no incresere
a voi, a questo farò fine. Qui a
Genova è ancora la moria, e morsene monto
bene no ostante che la luna abia fato. Tegno che ne moriano il jorno da vinti in
su; e, se li
citadini no fosono alargati, e' ne morebe più di XXX, ma non è quaxi
niuno a la
citade. Chi à auto da spendere è ito fuori, e ancora mie ò mandato li
mei doi
fiiholi minori de fori: l'autro majore non è voluto ire. Guardamose
meiho che posamo. Come credo che sapiate, più jorni fa morì qui lo
cardinale de Catania, e monta gente de questo
papa qui è morta e anca
ne morono asai.
Tuti '
cardinali sono iti via o la più parte in qua e in là. Lo
papa, se fosse stato
tempo, credo che serea partito. Come tempo fie se partirà: credo anderae per
la
Rivera in verso ponente. A questi jorni sono stati li mori, videlicet quatro
galee e una
galeota ne le parte de Pruenza, e àno fato preisa de anime CCCC
in cinquecento.
Io non ò potuto compire quelo che avea promiso a
Andrea de Mateo,
genero
mio, per le
condicione a mie scadute, ma io darogi breve spaihamento, se a
Dio piaxera; e per mia scusa mando a
Tendi de Justo mio
fratelo e a
Francesco de Buono questa autra letera. Piaxeve quela letera mandarla a
Prato in modo
che ela sia loro data.
Facta in
Genova, MCCCC quinto, a die primo d'
otobre,
per
PIERO de' BENINTENDI, servo et amico vostro, il quale voi et la dona
vostra et
Luca mile fiate saluta e a voi se recomanda.