Al nome di Dio, a dì 4 d'
aghosto 1385.
Ricevetti tua lettera ieri e per facenda non ti rispuosi. Elgl'è vero
ch'io ti mandai a dire che tue metési in punto le chose di
chasa a ciòe
che que verai poi, e che tue prochaciàsi di
vendere il
vino: chosì arai
fatto a tuo podere. Quello non si puote fare rimangha, dillo a quello
portatore e io lo scrivo a
Monte che vi duri faticha. Di
Bettino foe
piccholo
chonto e, se noe fosse per amore di monna
Tina, mai no mi
enterebe in
chasa: ora la cosa è que, fae quello puoi.
È bene mia intenzione che lla
Bartolomea vengha prima chostà per
fare il
buchato e raconcare ongni chosa. Qua istaremo insino a mezo
settenbre, poi torneremo chostà e staremo insino a
Ongniesanti, poi
saremo a
Pisa, se piace a Dio. A questa volta volglo fare per modo che
poi ci posiamo posare: tu vedi come le cose vanno.
Domenicho da Barbarino
è forse morto, o in quelle mene. Ogi v'è ito il
fratello che
iersera venne da
Pisa: sono delle mie venture. Di tutto sia lodato Idio.
I' òe detto a
Cristofano che mi mandi a dire ogi chome
Domenicho
istà, e potrà esere ch'io v'andrò insino lasùe, o io verò di chostà, o io
andrò di qua e tornerò di chostà.
Domenicha matina ti manderò la
Bartolomea e
Simone, e, s'io non
ò di qua, sarò chostà a desinare. Credetti venirvi chon
Domenicho da Barberino
e menare
Matteo d'Antonio Sacente, e sarèbosi istati chon
eso noi 2 o 3 dì, poi t'arebono fatto chonpangna. Ora la chosa è que
credo venire solo io, que lascierò la
Cilia per parechi dì e ongni chosa
bene a punto tanto che noi vengnamo qua: òlle detto ogi e datole
dello
vino.
Se tue non ti chontenti di stare sanza me, chosì foe io di stare
sanza te: chonviensi fare chosì alchuna volta per lo meglo insino a
tanto che no siamo pùe in ordine che ora non siamo, che sarà tosto se
piace a Dio.
Volsi avere a riguardo quelli che per poverttà non posono istare
l'uno dov'è l'altro e vanno tapinando per lo mondo chome fae i lupo
per la fame!
Tutti i
forzieri istanno serati; òti trovato meno 1
pelle delle tue e 1
tovaglola da mano e 1
tovaglolina, tutte l'altre chose ò riviste e stanno
bene.
Il
Pilica è morto pùe tenpo fae. Ènne istato merché, in però istentava:
dice
Nicholò ch'elgli avea bene 90
anni. La
Francescha lo sepe
pocho fa e nn'è lieta perché è uscito delle pene di questo mondo.
La lettera tua mandai a
Nicholò de l'Amanato e poi mandai per
esa: tutti istanno bene. Ànno una
fante grasa che no si dengna levare
da sedere: cerchano d'una altra che fóse
bàlia e
fante. Se lla potranno
trovare, e' saranno di tutto male serviti. Piacemi la
Tinuca istia bene.
Òe aute lettere da
Michele, e màndati mille salute, elgli e monna
Parta, e prieghano che noi torniamo tosto; dice pare loro esere rimasi
tropo soli.
Monna
Giovanna istà bene e màndati 1000 salute.
Domenicha sarò chostà a desinare. S'io dovese tornare qua
lunedì
matina, prochacio a spaciarmi; ma i' òe a fare pùe chose ed òe achonca
la
chasa a cò che tue non truovi la cosa inbratata. Per freta non
dicho altro: che Idio ti guardi.
Dòmi meravilgla che per la tua lettera no m'ài detto nulla della
Lapa; da mia parte la saluta mille volte e saluta chi tti pare, e rachomandami
a
meser
Piero.
per
Francescho di Marcho da
Prato, in
Firenze.
Margherita, donna di
Francescho di Marcho, in
Prato.