Al nome di Dio, a dì xxii di
genaio 1385, alle 4 ore.
Ieri ti scrisi una lettera e rispuosi a una auta da tte due volte; e per
l'una e per l'altra ti disi chome io temeva che lla lettera non fóse
dettata per altri che per te, e dìsiti molte altre chose. Di che da poi i'
òe auta tua lettera, e se l'una fue bene dettata, l'altra è via melglo, di
che io veggio ora di certto ch'ella fue detta per te, di che ò grande
piacere d'una partte e d'altra partte ò grande dispiacere. E dirotti
chome i' òe grande piacere che Idio t'abia data tanta bontà che tue
sappi tanto di bene chome a dire similij chose; ma i' òe grande paura
che tue no sia prèso alla mortte, in però ch'egl'è uno volghare che
quando uno fancullo fae o dice chose che a lui sia fuori di forma
secondo la sua giovaneza, e l'uomo dice "di certto questo fancullo no
dèe vivere"; chosì, per simile modo, si dice di molte persone. E
perché questa lettera è fuori d'una forma da femina giovane chome se'
tue, e no llo ài achostumato, dubito che tue vorai fare miracholi
[ms.: mirachosi
]
prèso alla tua mortte. Or chome ch'ella di quanto mi scrivi è vero
chome il patarnostro e bene ch'elgli avengha tutto dì, che conviene
che l'uomo abia a fare e chollo buono e cho reo, pasi sua vita i molti
modi. Non istà che quanto tu mi iscrivi non sia vero, e di certto i' òe
pecchato in molte chose, di che mi grava asai; ora abi di certto chome
della mortte, ch'io sono disposto di
tenere altri modi. No dich'io
ch'io mi posa rimanere dello tutto de' modi ch'i' òe tenuti per lo
pasato, ma io mi rimarò di tanti, che dove tu di' che nne se' vivota
male chontenta, sarà il contradio, se piace a Dio. Di boccha ti dirò
tutto quando sarò chostì, e non sarà delle pietre gittai in
Durenza.
Dove ti disi credea tornare sano e pegiorato, ti dicho ora il contradio,
in però io credo dare sì fatto ordine qua per modo ch'io tornerò
pùe alegro e pùe chontento ch'io non ci venni. E se Dio mi dà grazia
che questi fatti di
Palermo vadano bene che noi ci ritraiamo di tutto,
mai non credo avere male, chome che non sia veruno che posa dire
"chosì farò", in però che lle chose di questa vita sono uno pocho di
vento, e quando l'uomo crede alchuna volta melglo istare, e di là
viene uno pocho di vento e manda a tera tutto.
A l'amicho none iscrivo quello ti credi, ma pure in partte ne
tocchi ricordo quello bisongna che, come tu sai, e' sono molti e molte:
senpre volglono esere punti. Della tua lettera farò quanto mi scrivi,
ma prima la legierò pareche volte. E molto mi piace che
Simone abia
inparato e inpari a scrivere: farà suo pro a fare chosì; non puote erare
a inparare, e pensare a fare bene.
Perché non so in chui mani ànno a chapitare queste lettere, io non
ti farò risposta a tutto, ma di boccha ti dirò l'animo mio e vedrai s'io
ti farò rimanere per chontenta di quanto tu m'ài iscritto. Fa tue, dalla
tua partte, quello puoi, e fa istare il
fondacho pùe apertto che tue
puoi; e quando
roba viene chostà, e tue fae che lla
Bartolomea vada
giuso atare a
Simone. Questo fatto non dèe istare guari a questo modo,
e ll'amicho credo che tosto potrà andare fuori, e poi andrà la chosa
melglo, e forse io non arò senpre a trottare in qua e i llà; ora Dieo ci
dea grazia di fare il suo piacere.
Niccholò di Piero mi scrive che volea mandare per la
Lapa e che
tue no lla lascia
sti
[ms.: lalascia
sti
] partire: credo ch'elgli abia paura che lla ispesa
non ci sia rincrescuta, in però soe de' modi suoi. Se per altra chagione
fosse, non me ne saprebe bene, ma io credo non sia per altra chagione.
Dimi chome monna
Ghaia se ne chontenta, se nulla ne sai, chome
ch'io credo ch'ella sia sì sana che d'ongni chosa di che si contentàse il
filgluolo ed io, sarebe contenta. E pensa a dartti buono tenpo e fae
dalla tua partte quello puoi: l'avanzo lascia fare a
meser Domenedio.
In uno modo o inn altro ci darà Idio grazia che noi viveremo insino
alla morte forse chosì bene chome nostro vicino, e non è veruno in
questo mondo, o grande o picholo, che non abia delle fortune e delle
chose che no lgli piacono.
Per questa farò sanza pùe dire. Saluta chi tti pare. Chome arò
mandati questi due giovani a
Vingnone e, forse,
Iachopo a
Palermo, sarò
chostà per insino a
Carnasciale, per noe avere le
ghotte. Idio ti guardi.
per
Francescho di Marcho da
Prato, in
Pisa.
Da poi ch'i' òe scritto insino a que, òe ricevute lettere da
Vingnone;
e mandami
f
. 1500, e dice il tuo
frenello esere
venduto
f
. 62, e
conta chome i fatti di
Niccholò Pentolini istanno male, chome che
molto mi confortano di quello di ch'io sono tenuto chon lui. Di
boccha ti dirò tutto. E da chapo mi dice che llo
Papa dàe brigha a
Guido di Rodolfo di quella
chasa ch'elgl'à difesa. Anchóra mi
pagherà
Idio di tutti i traditori che m'ànno fatto male a grande tortto o no.
Sarò chostà e di boccha parleremo asai quello mi parrà da seguire in
questi fatti. I' òe isperanza i Dio ch'elgli m'atrà, in però ch'io non feci
mai, nè pensai mai, di fare veruno ischonco pecchato, e Idio è mesiricordioso
e daràmi grazia ch'io verrò a buona fine di tutti: a lui si vole
rachomandare, e pensare al bene fare, e levarci d'adoso ongni rongna,
e fare nostro dovere contro a tutti, e Dio ci àe atati insino a que, e
farà da quinci innanzi. Per noe avere agio, non ti dicho pùe: partte il
fante.
Io scrivo a
Niccholò sopra i fatti della
Lapa e dicholgli vilanìa. Da
mia parte la saluta 1000 volte, e chosì la
Francescha e chi tti pare.
Tenuta insino alle 20 ore. Ch'anchóra ti guardi Idio.
Mai non fosti sìe contenta di pareche chose chome sarai della mia
tornata, s'a Idio piace. De l'esere io bene disposto di pareche chose,
di che giàe à' 'uto asai dispiacere, e ài auto ragione, e io non ti disi
mai il contradio; di tutto si vuole ringraziare Idio e venire a' rimedi:
Dio ce ne dea la grazia.
Iscritto e
sugelato, ebi una fatta a dì
**; rispondo aprèso. Piacemi
ricevesti be
mandorlle e 'l
mulo. E alla partte dello
basto dello
mulo,
io scrisi il primo dì che
Arghomento mostràse e prochuràse detto
mulo e, se gli parése buono, gli facése fare uno buono e bello
basto.
Io n'ebi una risposta chome io merito: da poi ch'io voe cerchando
rongna, è ragione ch'io la truovi. Rispuosemi
Monte che
Arghomento
diceva gli parea troppo piccholo a
danari, e che la
biada era troppa
chara, e che volea tenere il
mulo insino a
state per ingrassarllo:
questa è una bella risposta. E' non à fancullo, in questa terra, che noe
meni 3
muli da
Pisa a
Firenze; e pertanto meno dèe
chostare questo
mulo che veruno delgli altri, in però che così ne menerà 3 chome due;
chosì vole il
salaro e lle spese, chon due
muli chome chon tre, e
pertanto questo
mulo
chosterebe meno che lgli altri. Ora, io credo
che farà chome mi fanno choloro a chui io melglo volglo: quelli non ò
quelli che mi fanno pegio. E' mi pare che siano loghori molti
istara
d'
orzo: quando sarò chostà, ne vedrò il
conto, e vedremo che aranno
fatto i due
muli; tosto n'arò fatto uno fasicio se non farà quello dèe;
pure della mia
merchatantia arebe da portare mezo l'
anno. Dimi per
la prima quello ti pare di lui.
Della
mula non c'à altro a dire; pure che nne avése guardia, io
sarei chontento, ma io credo sarà male ghovernata: veremo a' rimedi.
Io non so che partito arete preso, cioè
Giorgio, della
mula che dite
si dolea. E' m'à iscritto da
Chastello Fiorentino, no mi dice altro: Idio
la mandi sana, e
con lui voràsi tenere altri modi, quando potremo,
che sarà tosto, se piace a Dio. Ma tue vedi chome le cose dello mondo
vanno: uno dì no ci si puote istare sanza fortuna, non è veruno che
posa "questa via andrò". Volsi fare bene e poi ciò che Idio gli
manda ringraziarllo di tutto, ma buona chosa è a provedere che
l'uomo, per suo difetto, no vengha dove sono venuto io in pùe chose:
provedròvi s'io posso.
Io atendo a scrivere e a fare quello bisongna, per venire a nostra
intenzione. Molto òe a scrivere a
Vingnone: a tutti iscriverò a pieno,
per questi nostri giovani che vanno a
Vingnone, che potrò dire quello
ch'io vorrò. L'altri due, se ne venghono, saremo fuori di due chative
carnni: sónne ghastighato per senpre. Or fàcaci Idio sani se lgli piace.
Tosto daremo ordine a molte chose: chosì avése io fatto per lo pasato
chome la fo ora: buono per noi, chome che forse ci saprà milglore il
pane dello
grano che noe arebe fatto. Di tutto si vole ringraziare a
Dio.
Ricòrdati di fare
salamoiare di presente la
sorra. Ò paura non sia
guasta, chome che
Cristofano mi dice lo scrise a
Piero: dimi se nulla
n'avete fatto e sùbito la fa'
salamoiare. Fanne domadare uno
pizichangnolo,
ed ongni 12 dì si vuole
salamoiare: ora te ne ricordi. Aveati
anchóra a dire molte, ma per fretta non c'à modo.
Margharita, donna di
Francescho di Marcho da
Prato, in
Firenze.
1385 Da
Franciescho. A dì 22 di
genaio.