Al nome di Dio. A dì 6 di
giungnio 1398.
La chagione di questa si è per farti a sapere chome iersera, alle
ventidue ore,
Ubaldo di Fatto mi mandò a dire che volevano istamane
ire al
Palcho, il
podestà ed egli, e tutta la loro gente, di che io vi
mandai
Nicholò di Piero a loro a sapere se s'erano diliberati di volere
andare o no.
Ubaldo rispose e dise ch'egl'aveano diliberato di volervi
andare e che noi non vi mandasimo nulla ché, se lo sapesino, e' non
v'andrebono. Parve a
Nicholò e a me che si dovesi
chonperare parechi
pinochiati e tôrre quegli che c'erono avanzati, e toglemo la
schatola
della
tregea e mandamovi di molte
melarance e di belle
ciriegie e
del
vino biancho che tu
chonperasti di
Nanni e di questo qui di
chasa, e
pane, e
tovagliuole, e tutte l'atre chose che vi furono di
bisongnio, e andòvi
Nicholò e
Barzalone e
Benedetto e
Bretone e
Angnolo; e piùe,
Nicholò gli proferse le
mule, e acetolle, ed ebele
molta chare perché ànno le loro
chavalchature a
Firenze; e su v'andò
Ubaldo e quello degl'
Arighucci, e
Nanni nostro andò cho' loro.
Per chagione che gl'è ogi molto rischaldato qua e, chome tu sai,
io disfeci i
ghuarnelli miei per la
Ginevra, si ch'io sono sanza
ghuarnello,
dìe a
Domenicho di Chanbio che cerchi se trovasi de'
chontrafatti
al modo
ciciliano, che fusino belli, ch'io non voglio de'
ciciliani,
ché non voglio fare la spesa; e di quello della
Lucia anche ti richorda,
ma che non sia fatto chome i miei: tolghilo o di tre
verghe o chome
gli pare, che non sia chome il mio e che sia forte, in però ch'ella lo
vuole forte. Io cercherò qua di queste
miscirobe vechie e mandrovele;
digli che truovi modo di
chanbialle a due picholine, a ciò che noi,
quando n'abia' bisongnio, non ne abiamo a 'ndare chatando; io no'
lle vorei né trope pichole né tropo grandi, ma vorele mezane, ma che
fusino orevole e belle. Delle
botte abiamo detto a
Nicholò, e dice che
noi ne lasciamo il pensiero a lui. Abiamo letto la
scritta a
Nanni e
Nanni e
Rosso fanno quello che posono, e che pare loro il meglio.
Iscritto insino a qui, n'ebi una tua, e chon eso i
botoni bianchi,
e'
botoni dorati, e'
ghuarnello della
Lucia, e 'l mio; io non poso
sapere istasera s'io me ne arò tanto o no: per altra n'aviserò
Domenicho
e, se me ne mancherà, ne
chonperi.
Nicholò di Piero dice che non può venire domane per questi
suoi inpacci.
Della
vitella si tagl
ia qui, faremo d'avere la più bella peza che
noi potremo. De'
letto e de l'atre chose farò il meglio ch'io saprò.
La
mula nostra e quella di
Barzalone menerà monna
Simona e
Stefano di ser Piero, perché monna
Simona vie' chostà.
Nanni verà anche chostà cholla
farina.
Per insino a ora
Benedetto non n'à auto i
danari da'
mugnaio.
Della
ban
bagia i' n'ò u
no pocho e manderoglele, ma ella non mi
pare una profetta chosa chom'io vorei. Il
chane non s'è ritrovato ed
èsene fatto chon
Barzalone e chol gl'altri ongni chosa che si deba
fare per ritrovare uno
chane: e' fu veduto, per
Barzalone e pe' gl'atri,
insino a meza
terza qui da
chasa; pensiamo che sia suto qualche
persona che l'abi chongnoscuto e arànello rimenato.
Della
Lapa e' gl'è vero che
martedì e
mercholedì el'è stata di
mala vogl
ia, e non per modo ch'ella non n'abia
filato e
chucito
tuttavia; e òvi tenuto
martedì e
mercholedì la
Papera e, mandadovi
Ghuido
mercholedì sera, e' trovò che lla
Papera
filava e la
Lapa
chuciva; di che, poscia, la
Papera tornò ed e' mostra che, a mano a
mano che lla
Papera fu partita, e' le ripigl
iasi il
male del fiancho
sì grande ch'egli credetono ch'ella si si morisi e non me ne mandarono
mai a dire nulla, se non che lla donna del
podestà mandò per me il dì
della
Pasqua e, pasando io quindi, il sepi. Tu m'ài leghato a questa
mogle de'
podestà per modo ch'ella non farebe uno paso fuori de'
palagio che chonv
iene ch'io sia cho' lei, e tu sai bene chom'io il fo
volentieri, ché, se non fosi per tua amore, io non vi meterei mai piede
in que'
palagio, e pertanto non v'andai, tra esere cho' lei e a ordinare
per l'amore di questi
riformatori, che erano diliberati d'ire al
Palcho;
ma io vi sono ito ogi due volte ed e' si ischonca ogi e stetivi insino
a otta di desinare e sarevi istato insino a sera, se non fosi che io
faceva
buchato e tu sai chome questa
chasa stia si non ci sono o tu
od io e stasera, a otta di
cena, vi tornai e stetivi uno altro pezo.
Perché e' gl'è tardi e perché tu ài a esere qui
domenicha faremo
sanza più dire: a bocha diremo, se cci sarà a dire nula. Idio ti
ghuardi senpre.
per la tua
Margherita, in
Prato.
Francescho di Marcho da
Prato, in
Firenze.
1398 Da
Prato, a dì 8 di
gungno.