A dì XXI di
março ti scripsi una lectera per uno ch'à nome
Nanni da Iuolo che tornava da
Sa Iacopo e in quella era una
lectera di
pagamento a
Franciescho di Marco che ti desse
forini ciento d'
oro
e con quella ti mandai lettere mie a l'
Antonia e
suor
Lena, a
Franciescho di Marco e ad
Piero del maestro Iacopo e
Baldello. Or
per quella ti dissi la cagione nonn aveva scripto già due
mesi
e rispuoseti
a tucte tue lectere aute da te da più tempo in qua. Credo l'arai aute
e
pertanto non ti ripeterò quello ch'allora ti scripxi.
Da poi, la sera di
Sabato Santo, essendo a
co
llatione con
monsingnore, ricevi una tua
e un'altra del
maestro
Giovanni,
e fu quella
del
maestro
Giovanni tanto disonesta
e turbommi sì forte ch'io credetti la
mattina della
Pasqua non comunicarmi come aveva diliberato. Poi pur mi vinsi
e comunica'mi. Lodato ne sia sempre Idio! Io ti credetti mandare quella
lectera che tu la legessi; poi per non fare scandolo non la mando. Io mi
maraviglio che tu monstri dubitare della favola che tti disse il
maestro
Giovanni non sie vera, ché tu mi scrivi: «Se fosse così, voi fareste male». Io
non credo che fosse mai alcuno sança la donna sua che vivesse più honestamente
di me
e più casto. Così potrebbe essere, ma più no. Né femmina tenni né
tengo, né fo cosa d'avere figliuoli, né ebbi mai né arò figliuoli, se non della
mia donna, se Dio ci doni tanta gratia che noi possiamo vivere insieme. Or di
questo non curo i
nperò che lla buona vita fa bugiardo chi parla male.
Io ti scripxi: «Pensate del venire della donna». Or questo dì sono stato con
Piero Borsaio e pare che 'l mare da qui a
Pisa sia ora mal sicuro. A
questi dì una
galea da
Niça si dice di madamma
Margherita venne insin dentro al
Rodano. Né venire per terra sarebbe il modo ora etiandio per la
guerra è tra 'l
conte di Vertù in Piamente e 'l
prinçe di Panaruolo. Sì che della donna non
è da pensare ora del venire, ma se Idio mi fa sano, io sarò innalçi che sia il
verno di costà sança fallo, ché s'io stesse come sono stato solo un altro
verno,
io credo mi morrei di malinconia.
Apresso ti scripxi come vedessi modo l'
Antonia fosse
vestita,
e se non
puoi tu, fatti prestare a
Franciescho di Marco;
e io gli scrissi per altra
li piacesse prestarli
e io li renderò qui a questi suoi,
e così gli
scrivo ora. Io non credeva che ll'
Antonia fosse sola, ma che mo
nna
Margherita le facesse co
mpagnia. Quest'è troppo male ch'elle stia sola, ed è
grande vergognia de' miei
parenti
e de' suoi più che di me, ché non sanno
trovare, se mo
nna
Margherita non puote o non vuole, un'altra buona donna che
lla faccia compagnia. Io per me l'avevo lasciata acompangniata, ma è piaciuto a
Dio sco
mpagnarla. E se nonn à che vivere,
vendasi le
maseritie e le tere.
All'
Antonia scrivo mia intentione ch'ella stia in
casa sua colle fanciulle
sue, che sança fallo tengha ch'io non strò questo
verno che viene sança lei.
Al
maestro
Giovanni rispondo, che non credetti. Penso che pur da buona parte
s'è mosso a scrivere così,
e come adirato mi scripse. O· ti prego l'
Antonia
ti sia racomandata. Tu sai che
a tua sperança la lasciai.
E se à
bisongno di
denari per alcuna cagione, tu lel presti i
nperò che 'l
maestro
Iohanni mi scrive ch'elle muore di fame.
Io ti scripxi che molto mi piace il
parentado ài fatto dell'
Angnola; è da
piacere. Racomandami a
suor
Lena
e la
Dada saluta
e l'
Angnola
e la
mia
serochia
Lorita mille volte. Fatti dare uno
fiorino a questo romeo che rega
queste lectere, ch'io gli ò prestato però n'avea bisongno e per infermità è
soprastato. À nome
Antonio da Iuolo,
lavoratore della donna di
Giovanni di ser Miglorato. Saluta tucti. Idio ti guardi sempre!
Per lo tuo
maestro
Naddino in
Vingnone, a dì III d'
aprile.
[sul verso:] Monte d'Andrea delli Angiolini in
Prato prop
io.
[mano: Monte] 1388, a dì 18 d'
aprile, da
Vignone, dal
maestro
Naddino per
Antonio da Iuolo.