[mano: Francesco] Al nome di Dio. A dì 8 di
gennaio 1389.
Charisimo magiore fratello, poi di qua partiste non v'ò iscritto per no vedere
il bisongno e d'altra partte i' òe ateso a spaciarmi dello
murare, ché per la
grazia di Dio ne sono fuori e da que inanzi io atenderò a fare altro, cioè
quello che pue volte abiamo ragionato.
Ne' dì pasati n'ebi una vostra fatta in
Pisa, e per detta mi diceste che per
bisongno ne menavate i·
ronzino di
Lionardo e che cho· lui io me n'achordase il
meglio ch'io potese. Chosì ne farò, ma se voi trovaste chostà veruna buona
persona che ve ne volese dare qualche
vettura e menarllo di qua, io ne sarei
chontento per due ragioni: l'una perché, se
Lionardo lo volese, ch'egli lo posa
avere; l'altra perché, se voi mi chonsilglaste di detto
ronzino, io lo riterei
per me. Voi potrete bene chonsilglarmene perché l'arete bene provato, tali sono
i chamini che avete fatti. Che piac
ia a Dio avervi fatto salvo!
Il detto
ronzino à una
brigla dello
ronzino menò
Falduc
io che solo il
morso
chostò
[ms. chosti] chostì
f
. uno, e pertanto vi pregho, in chaso che
qua no llo rimandiate e
vendestelo, che detta
brigla diate a
Boni
nsengna, e
fatevene dare una altra inperò,
vendendolo, no llo
vendereste uno groso di
meglo. In chaso che voi i· riteneste per voi e quello
morso vi piac
ia,
ritenetelo inperò io l'òe pue charo a voi che a me, sed e'
vi piace.
Io sono disposto di noe fare mai i
nmentre ch'io vivo, se di chuore non mi
muto, se non di pensare di servire Idio e di fare i fatti miei melglo ch'io non
ò fatto per lo pasato, ché altro pensieri né altra malinchonia non ò in questo
mondo se non dello tenpo perduto; e questo dicho noe per avariz
ia ma perché
non ò i fatti miei in quello ordine vorei, e sommi tante sopraabondate le chose
l'una in sue l'altra che mai no lle credo vedere achonce.
E pertanto quello ch'io non feci di boccha per la partenza subita faceste
farò per lett
era, preghandovi e ricordandovi che voi non faciate chome fanno
molti disamorati che sono fuori dello amore di Dio, che bene no volglono a
persona, e chome pasano
Durenza, non si ricordano di
persona. Di certto io mi do a credere, e chon questo mi morrò, che no sono
amici di Dio né suo' chonoscienti, ma sono tutti di quello bochinero.
Chome che llo mio amore sia picholo e di pocho sapere e potere i· molte
chose, io mi riputo pure esere amicho di Dio in questa partte che grande bene
volglo a l'amicho; e d'altra partte io vegio tutto dì che l'uomo vole bene a uno
chatelino quando e' gli fa festa; e pertanto tenete modi inverso di me ch'io non
abia ragione di dire che voi siate di quelli disamorati inperò io mi riputo pure
vostro amicho.
Non vi vincha tanto l'amore e l'utile e l'onore di chotesti
singnori che non
vi ricordi alchuna volta de' vostri minori fratelli e servidore. E ricordovi
quello dettato che s'usa di dire tra molti senprici che dichono che dello pocho
si ghode e dello asai si tribola, chome che molti altri dichono il contradio e
nello chontradio si ritrovano.
Io non ò agio di farvi questa volta bib
ia chome farò quando sarò aviato
allo iscrivere, ché ogi chominc
io a stare serato in chamera e di
chasa none
uscirò ogi, e chosì è lla
[sul verso del primo foglio:]
mia intenzione lunghamente insino ch'io arò fatto quello che io mi sono posto in
chuore di fare, se piace a Dio. E pertanto piac
iavi di dire a quelli miei di
chasa, e simile a
Iachopo e a
Nero e a
Nicholaio di Bonachorso, quando gli
vedete, che io terrò modi da que inanzi ch'elglino chonoscieranno ch'io
non muro pue e che io no volglo perdere il tenpo mio chom'i' òe fatto per
lo pasato; anzi intendo di fare tutto il contradio i
nperò io sono istato
senpre sospeso ora in una chosa e ora in una altra, e ora i' òe diliberato
quello volglo fare e che vita dee esere la mia, se a Dio piacerà.
E pertanto io vi pregho diciate a
Tieri che pensi al bene fare. Io farò tosto
per modo ch'elgli si contenterà, s'io dovese venire insino chostì o mandarvi
Istoldo, ora che siamo disposti di noe fare mai
merchatantia insino che tutto
sarà achonc
io, chome detto è.
Io vi rachomando e me e tutte le chose miei che lle riputo vostre, e quando
vi pare tenpo, io vi ricordo i fatti di
meser d'Amiens. Siatene chon
Boni
nsengna e insieme ve ne 'ntendete ed e fatti di
Marcho
argentieri non
v'escha di mente, quando vi pare tenpo.
Boni
nsengna è sì lungho i· molte
chose che mai non se ne viene a fare.
Io iscrivo a
Boni
nsengna di
f
. cento auti da voi e che vi renda la
scritta
di vostra mano. S'elgli m'uscise di mente, mostrategli questa lettera. A
lui iscrivo e scriverò che facc
ia per voi quanto per me. Fate chonto di me e
delle miei chose chome di vostre chose propie.
Io vi pregho tanto quanto io so e poso che, quando vi ritrovate cho·
meser di Napoli e cho·
meser
Bonifazio, che voi mi rachomandiate a piè dello
loro paternità, e per simile a
meser di Firenze, quando
meser
Filipo Chorsiny gli arà parlato.
Perché i' òe in questa ora mandato a dire che vi iscriva, non vi dirò nulla
della vostra
familgla né d'altro. Io
chonperai il
forno che m'è a lato e quello
di
Bartolo
chonperò la
chasa di
maestro
Giovanni ed èvi dentro, dicho di
maestro
Giovanni
medicho ch'è chostì, vostro
parente. Non ve ne tocha pue per questa
volta. Idio vi guardi senpre!
Per lo vostro
Francescho di Marcho in
Prato.
Se venite a mandanre i·
ronzino, mandatelo chome pue tosto potete. Droveste
trovare molti che volentieri il doverebono menare, mandandolo a loro rischio,
cioè di chi llo mena. Chosì è ragione inperò, esendo suo ed e' mor
ise, e'
s'arebe il
danno.
[sul verso del foglio 2, bianco sul recto:]
[mano: differente da Francesco:] Al savio
e discreto
maestro
Naddino Aldobrandini da
Prato dottore in
medicina in
Vignione.
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