Al nome di Dio. A dì 19 di
marzo 1395.
Bene mi duole insino all'anima che quando tue venisti a
Pisa che tue non
ve
nisti insino qua che certto mi rendo che lle sono achorse delle chose che forse
non sarebono. Di certto io non so tanto pensare che io mi possa immaginare donde
questo fatto sia proceduto se nno da due parti e da male chonsilglo. O
Francescho
àe fatto chome cholui che si immaginò che uno suo
chonpare no lgli presterebe i
ronzino avendono bisongno e quello chotale
chonpare era innocente di questo fatto
e avendo auto bisongno il
chonpare dello
ronzino gli arebe prestato i
ronzino e
lla pesona. Or questo dicho per
Francescho tuo che avendomi iscritto di chostì e
da
Vinegia e io rispostogli chosì graziosamente ed egl'à tenuti e tiene i modi che
tiene in verso di me e non posso sapere perché. E pertanto io ti pregho quanto soe
e posso che tue volgli mettere rimedio in questi fatti a ccò che lle chose non vadano
pùe oltra che di certto a llui no ne seguirà né segue onore niuno. Se lla mia amicizia
no lgli piace di questo mi duole e pesa per amore della fratelanza auta chol
padre e
chon tutti e suoi apreso perché i' òe senpre udito dire che chara chosa è ll'amicho.
Ora di questo non poso fare altro, non è rimaso per me né rimarà mai ch'io non sia
vostro chome mai fui e già per questo non leverò l'amore da tutti se no, chome se
questo non fose mai adivenuto, farò dalla mia parte quello debo e Idio facca i rimanente.
Chome tu sai io mandai chostì
Tomaso di ser Giovanni per
chontare chon voi, sai
chome le chose sono ite: ònmi tuto portato e porto in pace chonsiderato che tue non
vi sei stato. Ora ò da
Vingnone che tue dovevi venire chostì il perché io ti priegho
che tti piaca che tue volgli preghare
Francescho che questi
chonti si vegiano e
facami ragione e io la
volglo fare a llui e, se noi fosomo nemici mortali, nel fare la ragione l'uno
a l'altro non si vorebe fare altro che dovere. Io sono presto che d'ongni lite
o quistioni avesomo insieme, che no ce le soe vedere, che se fa bisongno chiamisi
due buoni uomeni che lle abiano a vedere e io sono di quelli che mai mi partirò da
chosa che mi sia detto. Poi, fatto l'uno a l'altro il dovere, se lla amicizia mia
gli piacerà, io l'arò charo e quanto e se nno a me ne saprà male e altro non ne
posso, daròmi pace perché da me non viene.
Per chagione ch'i' òe mandato pue lettere a
Francescho ne' dì pasati non mi istenderò
in molto dire e a tte per questa perché soe che tuto arai visto e dettone quello ti
sarà paruto. E d'altra parte io sono certto che
Boninsengna t'arà detto asai sopra
questa matera e pertanto non mi istendo in tropo dire se nno ch'io ti pregho che a
tuo podere levi via questa bizaria che bene si puote dire bizaria: tu sse' a lui
parente ed a me amicho, tu dei chapere in questi fatti pùe che nniuno altro, farai di
tuo onore a farllo.
Per parte della
Margharita e mia saluta tutte le nostre donne: bene non credemo
quando funo chostì che questi fatti adasono a questo modo! Che Idio ti guardi senpre.
per lo tuo
Francescho di Marcho da
Prato in
Firenze.
Chopia d'una mandata a
Ghuccardo a
Melano.