Padre, una vostra ebbi; sopra ' fatti della mia fanciulla il forte: e
lessila in
bottega del mio
fratello; e lettola, a capo chinato e pensoso
passai per la
piazza di San Giovanni, immaginando i vostri segreti
pensieri sopra ' fatti miei; e vennemi detto quasi forte: Alle guagnele!
costui è uno savio uomo. Or voglia Iddio ch'io abbia giurato il
vero; sì che il vostro sia savio fine, com'io spero.
In somma,
Francesco, io non ho conchiuso. E prima mancò per me; or
manca un poco per lui, che ha voglia dir sì, e non sa dillo. E non vuole
iscendere di quello, che certo non se gli viene: e il mezzano, suo
parente, n'è un poco isdegnato: ed egli è pur fanciullo, e non ha
appoggio niuno di consiglio. E 'l caso è grande, pensate per voi. E' non
vede, che cento e dugento
fiorini forse gli sono meglio io, che di tal
vedova che e' truova più: dico da
vedova c'ha una fanciulla da marito. E
io sono per fare adagio, e acconcio la vela; ma il vento ha a mandare
messer Domenedio: e nulla non curo. E in nullo modo voglio che per lui
mandiate in quello modo, ec
.; però che non andandoci poi all'animo, ed
egli o io facessimo altro, non voglio averlo levato dal
setaiuolo, ove s'è
posto, e dove altra volta stette; et e' piace assai al suo
maestro, che è
quel ch'io. Solo gli fate una lettera come a voi pare (e io ve ne mandava
una
copia), sanza gravarvelo punto; però ch'io non sarei poi contento,
ch'io l'abbia isforzato. Io tengo, e sia detto in umiliate, che all'esser suo
solitario come è, che egli farebbe meglio di me. Ora scrivete e non
scrivete, come vi pare: ogni cosa mi parrà ben fatta. Iddio opera, noi
sogniamo. Non m'è nuova la fede ch'io avea in voi, di tanto dire e fare,
quanto v'apparecchiate a fare. Così sarà la fede vostra in me, quando io
sarò certo che voi saprete ch'io non sono vostro amico in quello modo
che
sono stati certi pilucconi da
Prato. E per questo solo v'ho già
detto più volte: Do! perchè non moiamo e poi ritorniamo, perchè le
puritadi degli animi si vedessono una volta? Poi che non volete, nol dirò
più. Se ho errato, so che m'avete per la carità perdonato. Arei caro, se
fatto no l'avete, ne parliate di questa cosa detta di sopra con monna
Margherita. Ella cognosce assai. Così fosse ella umile com'io sono
superbo! Qua si fanno tanti matrimoni, e sono fatti, che è maraviglia:
ma a me non fanno noia; io sono per lasciargli fare. A dì XIII di
marzo al
mattino arà la mia
anni XVI. Ancora può star due, e dirò ch'abbia allora
XV e mezzo. Io mi stava; e
Bartolo dalla Lastra mel mosse, che è
suo
parente, per dare uno
padre al
garzone. Iddio gliel dia buono.
Antonio da Camerino penso ci accordarà qua.
Nofri d'Andrea saluto spesso per voi; e a lui v'ho messo molto
nell'animo, e amavi assai. La
comare saluto spesso da parte dell'altra
comare.
De' fatti della
prestanza vostra non abbiate pensiero. Udito l'ordine si
darà, e chi l'arà a fare, non dubitate vi sarà fatta ragione: io mel credo.
Per ancora, nulla se ne può dire. La lettera vostra ho stracciata, e
mandovene i segnali.
Io sono sano rimaso: ma viemmi vivere con molto ingegno. Ed è una
bella cosa quello che questi
medici mi fanno fare. Io non fo co' minori;
come fa monna
Margherita, per non spendere.
I
creditori di
ser
Schiatta truovano il terreno duro in ogni luogo: non
hanno poi fatto altro; e voi possedete.
Ben diceste vero, che s'io avesse soda isperanza in Dio, non curarei
lasciar dopo me la fanciulla non maritata. -
SER
LAPO vostro.
Copia come mi pare dobbiate scrivergli, se a voi pare. E non
guardate perch'io mi faccia di buona terra, ch'io nol fo per vanità questa
volta.
«La cagione di questa è, ch'io n'ho auta una da
ser
Lapo Mazzei; il
quale, per l'amistà e
parentado posso dire ho co lui, è quella persona in
cui si posa l'animo mio più che in molti che oggi vivano; e ho a calere i
suoi fatti non altrementi che i propii miei, perchè nelle faccende mie
grandi e piccole, e' le fa sue, anzi le sue dimentica spesso per le mie. E'
m'ha detto, come persona che simile cosa non farebbe sanza me per
l'amore che e' mi porta, che uno vicino cercava di farvi
parenti insieme;
e ch'io ne scrivesse a lui mio parere, pensando
ser
Lapo ch'io t'avesse
più per le mani ch'io non ho. A lui ho risposto, ch'egli è costà in sulle
cose, e sa meglio i costumi tuoi e la virtù tua, che non so io; e che se la
bontà tua risponde all'atto di fuori, che a me tu piaci: e d'esser tu ricco
o povero, gli ho detto che non curi; che, se vorrai esser buono, non ti
mancheranno delle vie.
«A te mi par pure anche da dire qualche cosa; cioè, che se tu diliberi lui
per
padre e per
parente, e porti in cuore fermamente di stare al suo
consiglio, che n'ha assai, e non avere della natura di
Falduccio, che
(perdonami) e' non volle mai credere a persona; dicoti, che in questo
caso io ne consiglierei te: altrementi, nè te nè lui consiglierei. Egli è
istratto da' costumi degli altri
notai, di farsi ricco o grande: non te ne
caglia. Ma sia certo che, se amore non mi inganna, questa ti sarebbe
assai ventura. La fanciulla ho già voluta in
casa a mangiare e più tempo
a starsi con la donna mia; che a me pare,
e ancora a lei, che assai grazia arà a cui ella entrarà in
casa.
«Pensai mandare per te, che venissi a starti meco questa
istate, e
fuggire la morìa s'astetta costà: ma no l'ho fatto, perchè sento stai a
non so che
bottega. Ma se non ti isconci, io t'astetto; e non starai ozioso
meco.
«A
ser
Lapo ho scritto, ch'ella è sì fanciulla, che faccia al più bello agio
del mondo. E così dico anche a te, che se' giovane; e 'l tempo, e Iddio
prima, vi darà buono consiglio. Di lui non potresti esser
parente, che tu
non fossi mio. Cristo ti guardi.»