Al nome di Dio. XXI di
febbraio.
Letta oggi per me la vostra lamentevole lettera, ripiena di più cose,
spintevi dentro dal vostro continovo dolore del
fianco, o vero del lato, e
inteso in iscorso
tutto, me la puosi allato per vedere tutto ad agio e in pace. La
quale trovai stasera in
casa nel mio
studio, assai sano e forte del corpo;
e lessila da capo, per modo che forse vi misi un'ora. Piacemi il giuoco:
adunque mi piace ch'il fa, al modo vostro. E s'io vi dicesse ch'io non
v'avesse compassione, non me lo dovreste credere, perchè sapete sono
uomo di carne, e voi amo. E non è che a tanto turbarvi delle ingiurie del
fianco e dell'altre ch'avete, che giusto
giudice non vi gastigasse: ma
gastigando, usarebbe temperamento, avendo compassione alla natura.
Correggerebbevi come peccatore, e amerebbevi come prossimo e amico.
Ira toglie il senno; e però il chiese quel
giudice il consiglio a chi era
sanza ira. E per questo vostro medesimo detto, ravvedetevi di non
creder tutto all'adirato. S'io iscorresse in meno parole ch'io non fo tutto
dì, e sapesse meglio tenere le redene alla lingua, io spererei quando che
sia entrare nell'amor di Dio. Ma tanto ho già di grazia da lui, non che
ancora io me n'astenga; ma come l'ho fuor cacciata la mala parola, me
n'avveggio con vergogna dell'anima: forse la grazia di Dio mi menarà
più oltre, quando le piacerà tal benificio porre al monte degli altri m'ha
fatti; e s'io non sarò ingrato, come dite, anzi il farà, s'io vorrò. Voi non
andate meco per lo generale, come s'usa; e fate bene; e dimostrate
amore, fidanza e bontà: ma pur vi ritenete assai. Io me n'avveggio: do!
nol fate; che voi mi sottraete la medicina alle mie piaghe, a fare a
spizziconi. Or torno al proposito. Egli è proverbio, o vero nascosto detto:
Non credere ciò che tu vedi; e, Ira fa dire il vero e 'l falso a un modo.
Non so come di testa m'uscisse: dire, a fianco adirato, tante irose parole
ch'io facesse l'adirato infiammare contr'all'amico. Non passa
mai
mese ch'io non pruovi il dolore che udirete. Qui sono grandi
affari; e io non mi so gittare alla trista. E quando veggio un tratto
d'onore e di giustizia in favore di chi ha con noi a fare, e al mio maggior
non pare quel ch'io vorrei mi passi, e 'l brigante mi dice (che non sa il
vero): Se tu volessi, e' si farebbe! e io iscoppio nell'animo; e più tosto
inghiottisco, che consentire che ne sia cagione il maggiore: perchè non
ho mai trovato chi mi insegni come si dice uno vero, che sia vergogna
del
maestro. Diciamo che esser potrebbe quel che la dice: Io non me ne
ricordo; e forse che ira m'avea intorniato! perch'io non potrei dire che
que' del fianco non dicesse vero, in tanta carità sono con esso, per
vostro amore e per suo. Per Dio, trapassate e inghiottite; chè non siete
solo!
Torno a voi, per dirvi il vero. Esser voi buono e giusto nella sicurtà e
nelle bonacce vostre; questa è poca virtù: perchè, catuno a panca sa
giudicare e ordinare. Ma il bello in voi sarebbe, esser giusto ne' pericoli e
nell'ire che tutto dì vi sono fatte, in sapervi un poco poco vincere: che
non che voi ve ne 'ngegniate, ma voi l'andate alcuna volta dirieto, insino
che l'avete rimessa detta ira nello 'nferno. Iddio l'ha per male; e non v'è
onore, tanto spesso dal fianco tenervi ingiuriato. Che benchè sia il
piggior male che sia, forse insomma non ve n'avete a lamentare: ma
rivolgetevi al buono Iddio, che v'ha tanto amato; e credete che in questo
secolo non è vera allegrezza. Qui si può apparecchiare beatitudine, ma
non averla né possederla. E la Scrittura santa dice così: Sappia colui che
non sa patire i rei, che egli non è buono, ed è testimone della sua
impazienzia. Meco ho troppo
caro vi sfoghiate, come io con voi; chè n'è cagione amore: il
quale è forte come la morte. Ben vorrei fosse sanza la noia dello
scrivere; chè fate male, e villania meco, a farlo tanto.
Alla parte di
messer
Antonio da Butrio ho inteso; e tutta quella
leggerò a
ser
Piero; e nostra risposta attenderete, e noi la vostra. E ciò
che mi dite, e del Marinaio e di Caino, e d'ogni cosa che mi tenga a
basso, sono troppo contento: forse che molte prediche hanno già fatto
meno prode a molti. Iddio per me vel meriti: io non vel potrei mai
rendere, se non per simili consigli, s'io n'avesse. Le vostre fedeli lettere
mandaste per la mia fanciulla, ho aute, e fattele dare; e alla
Vergine Maria
ho detto, che caro arò si faccia, e caro arò che non si faccia; tutto
riputando per lo mio meglio: com'io reputo d'uno mio
garzone, secondo
a
Piero, che ogni due
mesi e mezzo non gli manca, da venticinque
mesi
in qua, il mal
maestro; ed era il cucco, allevato in
casa solo egli al petto
della
madre. Ecco il buono Iddio! e lui di ciò ringrazio. E rimedio non ci si
truova, se non alzare gli occhi al cielo spesso; ove sta ogni mia pace.
L'uno dì sto bene, l'altro ho cagione; e vivo logorandomi; e levo le
speranze basse, assai per dono di Dio. E non è ch'io, che per natura il fo
volentieri, abbia tenute le risa a certi vostri piacevoli versi; in quel
campo dov'era stato il campo; sì della donna che piagnea il caro
marito;
e del levala Miniato! e altre cose; che non so persona viva che tener le
potesse.
Ribola non mi bisogna, che ho
vino dalla
Torre,
ch'è migliore.
Acciaio in piastre, a modo di
notaio non voglio; che
v'ho inteso, e dite bene. E come ve l'ebbi scritto, me ne dolfi per tante
noie arete. E
ducati XX aveste qui: è vero, il
cassiere avea errato in non
porgli a vostro nome; non fu' io chiaro non gliel dicesse.
Domenico Giugni andò ieri a
Prato.
Barzalone fu di tutto avvisato,
e fe cosa ch'io ho più cara che la
malvagìa, ec
.: e tutta la
casa vide: da
lui saprete tutto. Mostra andò al
cugino
Podestà; a cui mi disse
Domenico vi raccomandi molto: e non che possiate richiedere della
lettera di ragione (cioè noi per voi), ma con la persona sarebbe mosso
più che
Guido, o come
Guido; tanto bene è disposto per voi: per tali
modi ve l'ho messo nell'animo. -
LAPO vostro.
Tenuta insino stasera dì notte, XXVI dì
febbraio.
Da poi ebbi vostri
ceci; e stamani presi di quell'
acqua assai. Io gli
aspettava con disiderio; e presine volentieri: e tutto dì sono stato bene.
Abbiate pazienza s'io vi do troppa noia: della persona vostra non mi
curo; ma sì dell'animo, ch'io veggio tutto dì tanto affannato. E per certo
la
nave vostra, a modo di Fra
Giovanni, è di quelle che è stata molti
anni
in pelago, e in alto mare, sanza entrar mai a porto: che sarebbe bisogno
una volta metterla in terra, e racconciarla; altremente potrebbe
annegare. E forse non so medicina l'avanzasse, per la fede ch'io mi
sento dentro, che stare io con voi parecchie dì; e voi vi poneste meco,
per umiltà, per discepolo due dì e due notti: chè voglia ho di vedervi.
Non vo' più dire.
Bartolo dalla Lastra ha auta malinconia di suo
garzone malato
forte; e però indugiò parlare con
Meo. Come gli parlò con la lettera
vostra, esso s'arrendeo molto: e ieri, per le mani di
Nofri d'Andrea, gli piacque farmi
motto, con molta reverenza. Ringrazio Iddio: e voi me obbligate
ogni dì. Veggio che non ci è altro bene che Dio, e poi avere uno amico;
come voi solete sempre dire. Io il dico dinanzi a Dio.
Francesco, voi
conoscete molto e molto: ben è vero che alcuna volta vi manca il modo
a ordinare tale conoscimento. E di questo ne sono cagione troppe cose,
che solo, come passera in tetto, vi conviene provvedere. Or fidatevi in
Dio; esso vi notricarà, e d'ogni pelago vi trarrà, gittando in lui i vostri
pensieri e le vostre malinconie.
La
prestanza vostra in tutto lasciate in me e
Domenico Giugni.
Scrivete a
Nofri una volta, che non paia venga se non da voi, e fiavi
onore; cioè, che
Guido pur vi lasciò suo
esecutore; io dico voi,
Francesco. E però ricordategli, che poi che siete lontano da questa
asseguzione, e non potete ricordare a
Nofri il bene dell'anima di
Guido,
che per Dio esso
Nofri non la dimentichi.
Nofri fu vicino alla morte, poco
tempo fa; e credo è vero marinaio: voi m'intendete. Ricordategli come vi
pare.
Piacque molto a
ser
Piero il modo scriveste de' fatti di
messer
Antonio da Butrio; e per vostro consiglio si porterà. Non ci è a dire
altro: se non che vi priego, monna
Margherita vi sia raccomandata; e
non per mio amore, nè per amore di criatura ch'al mondo sia; ma solo
per amore di Dio, che ha voluto darvela per vostra compagnia, e in
vostra custodia. Sappiate da me, ch'io ho spesso delle pene con la
Tessa
vostra
comare; e quando e' m'è detto, Tu le déi voler bene, chè tanti
figliuoli t'ha fatti! o, perch'ella t'è di bisogno! mai non mi par bene detto:
ma sempre ho nella mente d'amarla perch'ella è la compagnia Iddio
m'ha data. In questo mi fa Iddio grazia: così vi raccomando monna
Margherita, e l'onor vostro. Cristo vi guardi. Fra'
Priori nuovi ho degli amici,
se vi bisognerà, e de' buoni.
Deo grazias. -
LAPO vostro. XXVI di
febbraio.