Farovvi risposta a più cose; e dirò brieve, s'io potrò; perchè sono
multiplicate per lo 'ndugiare a scrivere. E cominciarò dalla
prestanza.
Per insino a qui hanno fatte parole. A tempo lasciate a me darvi
consiglio; all'altro amico, aiuto. E scriverete a quattro o sei di loro; e di
catuno vi manderò la forma a fare al modo mio, chè cognosco un poco
l'omore di alcune genti. A' due
fratelli de' cinquecento lascerò scrivere a
voi; che sarà buono ne gli richiediate per cagione de' loro amici; come
che l'amistadi le quali non congiugne medesima voglia e medesimi
animi, non sogliono durare. Credo
Guido o io vi dicemo, che l'etade e'
costumi loro non andavano co' vostri, come che da bene siano. Ma vile è
l'amistade contratta per
mercatanzia; voi m'intendete, che n'avete aute
già grandi code: e penso bene
però io l'abbiate cognosciute, e fatto vista d'esser un nibbio; e lo
'ngannato era il compagno tristo, alfine.
La lettera mandaste a
Meo, lessi; e perdonatemi, perch'io nol dico se
non perchè ringraziate Iddio, e' mi parve pure che voi conosceste assai.
S'io avesse
ser
Coluccio nel petto, tenete che meglio, e con più suo
frutto, non arei saputo ammonire uno giovane; ch'a tutti pare esser
saccenti con loro maliziuzze giovanili e superbe; e truovansi poi gabbati
e in sulla riva di musardo, chi povero, chi reo, chi in prigione, chi
mozzicato, chi sanza onore, ec
. Dio ve l'abbi per me meritato.
La
malvagìa vi serbo: e perchè ho
vino ottimo da
fianco, non penso
forare per fare lo spillo prima che torniate. Bene arei caro venisse alla
mente a voi o a me, a cui io la desse da vostra parte, ch'io l'allogasse
bene. Io ne farei così festa come della venuta; chè non ho riguardo ad
altro, se non che l'animo vostro e 'l vostro buono affetto ho veduto, e
sono pasciutone e contento. Di
ceci non vi date più briga: io n'ho
seminati mezzo un
campo per averne; che ho terreno attissimo. Ogni dì
sono alle mani, un colpo per dì, pe' fatti di
Barzalóne; e de' maggiori
sono stati presi, che non erano fuggiti. Hogli detto quanto me n'avete
scritto; e sperone bene, per la bontà di Dio e sua.
La
mula vostra molto mi piacque, perch'ella ha quello che non è in cento
l'una, ch'ella è alta dinanzi; e quel poco ch'io andai, andò dolce e
leggiadra con la testa; et è orrevole come una di
Barzalona di
fiorini
cento. Ben vagheggio spesso questa che
cavalcano questi
garzoni, che è in tutto
guarita delle
rappe. E pascomi di sospiri;
e i miei difetti non veggio, e mordo i falli di chi m'amò tanto, ec
..
Ser
Piero vi ringrazia di
messer
Antonio da Butrio, e di presente fe'
pagare a' vostri,
ducati dieci per
Matteo Fastelli: ho la
valuta; e
dissi ponesse a vostro propio
conto.
Ser
Paolo,
notaio della
Camera, mi
disse
pagò quel della
pigione per lui, e che gli avanzò alcuno
soldo; e
quel della
pigione mi disse gli mancò alcuno
fiorino. Io non ho tocco
danaio; ma niuno di loro mi dice più nulla, e io mi sto. Abbiate caro
messer
Antonio, ch'egli è quello dite; e non è fatto a nulla come gli altri,
ed è amico per lo modo.
Dell'amico c'ha a dare i
danari, non vi date più briga: non sono per
mandar
Meo a consumare lui e voi. Ben vorrei, se gli desse di petto, gli
diceste che voi sentite assai delle cose di qua; e che voi sapete che chi
regge l'ama tanto, che non ha se non a dir sì, e saràgli dato buono
bastone. Io so in segreto, che se e' vuole, e' può venire a' nostri
soldi; e
a otta vorrà, che e' non si potrà: e sì sa egli, che ci era un bello
signorello, e perdè questo inviamento. E raccomandategli
Meo; ed egli
arà per bene da voi ogni cosa. Voi siete troppo peritoso, e viene però da
buona natura; ma io isfacciato e superbo, arei
già parlato qui per voi in persona al nuovo
Imperadore, se ci
fosse; e crederei avere auta buona risposta. Perdonatemi, ch'io ho
diletto con voi. Non ne fate più che 'l cuor vi dica; perchè niuna cosa si
vuole mai isforzare: e questo è vero.
Ieri, parlandomi uno
lavoratore, così a caso mi disse:
Tanfuro uscirà di
prigione di questa
edima. Io pigliai sospetto, vedendo che la
Mercatanzia
non avea
sodo. Fui con
Stoldo, e dissi era bene egli avvisass'e
soprastanti di là, che
pagherebbono di loro; e che i
dicreti degli
Otto,
che mi disse quel
lavoratore che gli doveano fare, non valeano uno
bottone. Dissemi
Stoldo, l'avea fatto di bocca l'altro giorno. Stando poi
oggi a mangiare, ebbi questa lettera da
Tanfuro. E io dissi: Vedi che
Francesco, c'ha seco lo spirito che insino a
Bologna vede i pensieri suoi!
però che non è quattro dì ch'io ebbi vostra lettera, ove ricordavate i fatti
di
Tanfuro, che per Dio e' non fuggisse di mano. Da poi oggi mi parlò il
cognato: e accozzammoci
Stoldo e io. E dissigli l'animo mio, e alla
scoperta lo scrissi a
Tanfuro; che sia stato uno
anno sanza dire una
parola, e ora vuole uscirne sanza
sodare, per aver fatto uno
compromesso. E rifrancai
Stoldo, che e' pensava pur della spesa del
coretto. Ben vi dico che,
sodando bene, vi sarebbe onore che n'uscisse;
e se fra uno
mese o due non la facesse capitare, quando voi ci foste,
ch'egli avesse a tornare in prigione. E fògli dire, e scrissi che la via della
umiltà era quella che vi farebbe piegare: che al piatire con voi e' si
romperà il capo, e in fine non si troverà nulla in mano. Rispondete: e
peccate in benignità più tosto che in altro.
Io ho assai letto ne' libri di Dio, e poco ne ritraggo; ma io ho
trovate tre
finestre per le quali se gli parla. Perdonare al nemico, l'una:
esser umile, la seconda: amare ogni uomo per prossimo, e come
fratello, è la terza. Voi siete buono e sodo intenditore, non essendo
ingiuriato. E io dirò: Odi bella forza d'uomo! e chi non sarebbe da bene,
non essendo ingiuriato? E però è da sapersi far forza, per fare onore alla
legge di Dio: chè quand'io penso ai beni che
Guido potea fare per
l'anima sua, vivendo, e no gli fe; mi pare stato, tutto quel suo senno,
uno gridare d'uno farnetico. E sì fu pur buono: ma il
Palagio il facea
troppo tracutare Iddio; come voi fa la troppa
mercatanzia, e me il voler
troppo fare delle temporali cose. Ma Iddio mi fa pur grazia con uno poco
di raggio d'avvedermene.
Di vostro stare tanto fermo, e aver
fianco e altri dolori, mi pesa; e simile
il troppo scrivere: ma più mi duole, se non credete mai farvi fine. Iddio
ve n'aiuti; che così debbo sperare che farà. Guardatevi soprattutto dal
troppo disiderare: però ch'ell'è via di bosco, che mai non se n'esce; e
laccio di demonio, che tirando una fune per disfare uno nodo, se ne
fanno due. E per dire: Io disidero pe' poveri! guardate non sia uno di
que' lacci che si tirano. Certo non credo questo sia in voi; ma stimo sia
natura forte, che avete, di volere fare a punto ogni cosa, insino alla
fibbia della scarpetta della
fante che serve la
schiava. Per Dio, sappiate
tracutare e travalicare! Io ve ne priego per la passione del Nostro
Signore, e per la fede e per l'amore che è tra noi. Guardivi Dio. Salutate
tutti da mia parte, e sopra tutti monna
Margherita. -
LAPO vostro. XXVIIII di
marzo.
Non mi curo non mi rispondiate de' fatti di
Tanfuro: basta ch'io
ho satisfatto a chi mi prega.