A Francescho di Marcho da
Prato e
Andrea di Bonanno, in
Gienova.
1392, da
Pera a dì 15 d'
otobre.
Al nome di Dio, a dì 5
settenbre 1392.
A dì 31 del passato, per le
ghalee di costà, ricevetti vostra lettera fatta dì 17 di
luglio, a la
quale piciola resposta achade. Di que'
denari che restano ad avere i miei magiori da
Pisa da
Chirico de' Ttadei sono avisato e farò mio podere d'avergli. Egli è buona persona; tanto
foss'egli a grado a ogniuno qual'egli merita, che dicess'egli il vero che no' gli avesse.
Le cose di qua stanno a l'usato: nulla o pocho si fa di
mercantia, prima perchè s'atendea i'
re d'Ungheria con grande sforzo in questo inperio; e però le cose stanno sospese: ora si dice se
ne torna, che sarebe ria nuova, ma non è certa. Apresso, la moria ci fa grande danno: Idio ce
ne deliveri. Per la prima cagione le
vettuarie ci sono in
carestia e penso le
navi veranno vote,
non perchè le
ricolte non sieno grandi e buone, ma le novità tenghono gli uomini di qua
sospesi. La
cera
vale
perperi 29 o meglo, ch'è gran
carestia e al
pregio
val costà non vi si può
mettere simile. La più parte di cose si traghono di qua sono in
carestia perchè non c'è
incetta
nessuna.
Sono da' miei magiori avisato di mandare a voi ciò che mi scade costà mandare, ma ora penso
di fare che l'una di queste
navi si metterà a
Porto Pisano le nostre cose, che nn'è grande
avantagio. Idio ne dia a prendere il meglio. Altro non v'ò per ora a dire. Saravvi una lettera a'
miei maggiori di
Pisa: inviatela per salvo modo. La grazia di Dio sia con voi.
Bettino di Barolo Bettini, salute di
Pera.