+ Al nome di Dio, amen. Dì 9 luglio 1389. A dì [***] del passato ricevetti vostra lettera, (e) quanto per essa dite ò inteso, benché pichola risposta v'achade. Vegio le chagione del vostro non avere scritto, (e) poi riduttovi a scrivare, ò intesa (e) l'una (e) l'altra, e bene arei charo che la sichonda chagione non vi fosse, cioè che e fatti miei di chostì con Matheo fossero a migliore porto, (e) altro non ne posso. Chonviene fare chome huomo può (e) non chome vuole, (e) io son di quelli a chui chonviene chosì fare. Lodato sia Idio di tutto! Voi dite ch'io mi lagnio di questi fatti (e) dite il vero perché fino a l'anima mi duole, non ch'io penso pure che asai n'avete fatto, pur di parlarne tanto quanto n'avete parlato. (E) perché sapiate il pensiere mio a punto, io mi doglio del mio pocho senno, però che, chome sapete, io a mie spese partii di qui (e) andai a Milano a fare e fatti della compagnia, e quello fatto, venni chostì per finare questi maladetti fatti, ancho a mie spese. E essendo chostà per fare qualche chosa, e non essendo sano, per lettere vostre (e) di qui mi mossi a lasciare ogni chosa (e) quello perché venuto era. (E) per suprire a voi (e) a lloro, offerendomi voi questi fatti rechargli a voi (e) per vostri, (e) che a me non ne bisogniava più avere pensiero, (e) chon questo per vostra chortesia somostomi [sic] ritornai a Milano, ancho a mie spese, (e) quivi fe' quanto a ffare avia per le chomessioni che là trovai. Di poi, venendo, fui preso (e) col periglio (e) danno che sapere dovete, non chostando a la compagnia un picciolo. Di poi, scrittovi spesso (e) dettovi di questi miei fatti, (e) chome, se voi de' vostri denari mi deste buona somma, a me non saren sì chari chome se mi gittaste di questo pensiero, ché sempre che a me ne richordava o ancho richorda mi contristo, (e) voi mi diceste che fino allora niente fatto n'avate perché io di ciò fare non n'avia data chagione, ma che ora fareste conto la chosa essare vostra (e) che al postutto ne chavareste le mani. Sì che fino a quel dì niente s'era fatto di nessuno mio fatto dal dì ch'io partii per seghuire le facende della compangnia (e) lassai le chominciate mie propie (e) a mie spese, stringendomi più il bene della compangnia che 'l propio. E questo per se medesmo si fa chiaro, (e) ancho non mi pento d'avere ben fatto, con tutta la malenchonia e 'l danno autone. In fine, vedendo chotesti fatti a voi essare di gran fatigha a tràlli a fine, e essendo qui mesere Andrea degli Albizi, per intraduto [sic] d'alchuno amicho venni a sua notizia. (E) dolendomi un dì di questi miei fatti, a me offerse fare per modo ch'io arei mio dritto o presso. (E) avendo io buona ragione, mi sare' fatta per mezzo di sé (e) de' suoi, e quali son grandi a Firenze, (e) che sichuramente andassi là, ché per prova troverre' chosì sare'. E questo medesmo dettomi da ogni mio amicho. Questo fu di Quaresima, quando esso si partì di qui. Per che, avendo la bottegha gran bisognio che uno di noi fosse a Milano per fornire asai di nostre chosette, io m'ofersi volere andarvi (e) fare quello bisognio facia; (e) fatto, di quivi andare a Firenze a mie spese per dare fine a questi maladetti fatti, o buono o reo. Ma chome vi dicho, penso sare' stato buono per l'apogio avia degli Albizi in favore di mia ragione. (E) mai per Buonansegnia non fu asentito ch'io andasse, senza asegniarne alchuna ragione, se non che non voleva. Dettoli per Tieri moltissime volte non essare ben fatto a chogliare queste prove, H. Per traverso mai a volere condisciese, ma sempre più duro. (E) chosì io m'ò perduto il mio e la bottegha n'è asai di pegio, (e) altro non ne posso fare. Dio mi ristorerà in altro, per la pacie me ne do. Ora vedete se dolendomi mi de' dolere o non, ch'a buona fé, avendo fatto quanto ò fatto per la compangnia (e) per voi senza alchuno risparmio, e essendo stato sempre la charetta di chasa, io dicho sempre, etiandio che di qui fossi partito con grande schoncio di compangnia, considerato che io ero in buona via a richoverare chotesti denari (e) che mai a Milano non fosse andato, mi dovia Buonansegnia essare abile (e) gratioso. (E) senza dilezione ma per saziare un suo apitito, a me à fatto danno (e) dispiacere (e) danno di compagnia. Chome sia vero, Tieri v'informarà di tutto quando vorete. Sì che a' fatti miei per altri non si dà consiglio (e) io sono senza chagione disturbato, (e) per questo mi duole fino a l'anima, (e) altro sospetto non ci ò in questo fatto. Non so che dire si voglia l'alevare della serpe. Io sono stato con voi presso a VIII anni e òvi servito con quella fé (e) amore che se mio padre foste, tanto quanto huomo che mai con voi fosse, (e) pare per prova. (E) perch'io non vi facci lunghe bibie per ogni fante, non resta ch'io non possa di chosta a più chari a voi dire quello che dicho. (E) quando chiarire vi voleste di questo, avisatevene chon tutti e più chari amici che aviate, ché fuore il dire: "L'uno m'à più lungho tempo servito che l'altro", arete relazione avervi io fatto servigio di figliuolo a padre, (e) ancho senza lisciare né dire "messere", se non choll'opere. Non so' sotrattivo né lusenghiere. Anzi sono ruvido (e) con chorali effetti. (E) chosì cerchato, troverete d'è chome di bocha vel pensavo dire insieme con altre chose, ma la fortuna rea sturbatricie d'ogni bene non à voluto, (e) altro non posso. Bastami l'avere ben fatto, di che in me medesmo ò grande gloria (e) piacere. (E) mai in me non trovarete rivolta, ma sola pura (e) buona fé. E se Idio ci à prestato fino a qui competente guadagnio, datevi a credare che per la sua grazia è, dal quale viene ogni bene. E vorei, se suo piacere fosse, due tanti fossero stati, ché nel vero, grande onore sare' a ciaschuno, (e) mio in buona parte. Per Dio, datelovi a credare, quando informato ve ne sarete da tutto il mondo. Né questo pensate che per meglio valerne dicha, ma per non parere ismemorato. Chosì piacesse a Dio che chon voi mi trovassi in Sancta Maria Novella in questo punto, (e) fomi forte vi mostrare' gran parte del vero. A me non è nuovo che voi non sapessi ben fare ancho il mestiere meglio che mai, ma èmmi nuovo il dirlo a me, non sapendo per che fine vel diciate. Dio grazia, non avete bisognio tornarlo a fare, e qui avete per voi chi apresso di voi il fa asai competentemente, (e) vedetelo per prova. Qui lasciate ogni vostro vechiume (e) senza denari, (e) vedete a che punto s'è ridutto - Dio sia di tutto lodato! - ché più che huomo di chorte di Roma di vostra giente n'avete da lodare fino a questo dì. (E) chosì farete per lo 'nanzi, se vorete, ché penso di sì, però che nessuna chosa che fatta aviate v'à tal conto renduto. (E) potreste aver trovate gienti di chui sareste malissimo contento (e) con pocho onore (e) pro, ma nostro Signiore non l'à voluto. Anzi v'à messa giente facino quello che seguito è fino a qui, a fine che voi abiate voglia di fare di quello che essi v'ànno guadagniato, guadagniando bene, (e) che ciaschuno possa dire che in voi non à ingratitudine (e) che Idio non l'abia a male; ancho dire che per voi sia huomo (e) vostra creatura. A vostra lettera non chale altra risposta. Egli è vero, chome voi sapete, quando chostì fui con voi, un pocho mi dolfi della parte fattami, e perché non credeste ch'io avariziosamente il dicessi, legieramente me ne passai, sperando per lo 'nanzi essare grandemente migliorato. (E) di poi ochorse che, essendo in fine di compagnia, richiesi Buonansegnia d'achordo di nuova compangnia, e esso mi menò per lungha tanto che passaro presso a VII mesi di questa. Dicendo aspettare da voi risposta, a me fe' tralassare ogni mio fatto. E in fine, al chapo di VII mesi, esso mi fe' risposta (e) missemi el piè nell'O, dicendo: "O vuogli questo, o partiamo domane la compagnia, chon cioe sia chosa che già VII mesi sia finita". Sì che a me convenne a richiesta di Tieri condiscendare a quello volse, dicendo: "XVII mesi son tosto andati, (e) per aventura per l'avenire mi farà meglio (e) richonosciarassi". E feci chome il ganbaro che torna indietro, ché dove prima avia vantagio a la persona f. 500, tornai a 180, sì che grandemente m'inavanzai. Or chon voi mai non me ne dolfi, pensando essare ora migliorato in nuova compagnia. (E) tastato il guado, il truovo co· mal fondo, il perché ora è tempo da dolersi. Egli è vero che a dì primo luglio fu il tempo di notifichare l'uno a l'altro partigione, o vero rafermare compagnia, il perché fumo insieme noi III. (E) pratichando la chosa, io dissi: "A voi die richordare chome al chomincio di questa compagnia a speranza di miglioramento condisciesi a tornare adietro, sì che a me dovete fare molto meglio, ché per l'adietro sono suto mal trattato". Fumi risposto per Buonansegnia che a voi (e) a lui pareva aver fatto asai per lo pasato, (e) ch'io domandassi quello ch'io volevo, e esso mi rispondare'. Domandai una pichola chosa solamente, (e) fu questa: che la compagnia fosse chome prima - f. 3500 -, sì veramente che ciaschuno vi lasase il guadagnio fatto ne' II anni per egual parte, (e) trare' ciaschuno per la parte traeva. Sì veramente ch'io domandava trare de' miei chapitali a vantagio da l'altre parti f. 200, che a me faciano bisognio per alchuno mio servigio, o altrimenti lasarli tutti per egual parte (e) trarre per lo 1/5, (e) io d'altra parte provedrò al bisognio mio de' f. 200. E questa è la conclusione del picholo miglioramento ch'io domando, volendo più tosto essare gravato che lla compagnia, sì che nessuno mi dicha ch'io domandi se non dovere o meno, però che, chonsiderato l'amore vi porto, mi terre' a gran disonore avere domandato se non meno che dovere. (E) ancho il dovere rimettare' in vostra conoscienza (e) discretione, ché son certo che meglio mi farete, sì che io abia chagione di farmi per sempre vostro, ché chosì sarà, volendo voi. Non volendo, mi sare' forza partire il traficho, ma non l'amore, ché solo la morte il partirà, dove ch'io sempre mi sia, vostra creatura mi terre'. D'altra parte domando chome chostuma è che al fine de' II anni che de' durare la compagnia, che, in chaso non fossimo d'acordo - che male si potre' fare, però che per me non si perdarà ragione i· nesuno mio fatto, (e) chi la mi mostrasse, tornare' al dovere - (e) che avessimo a partirci ed e' ci fosse alchune merchatantie che non fossimo d'acordo della stima, che abiamo I.o amicho che metta tra noi egualità (e) dovere. E questo è giusto (e) santo chome penso sapiate, benché non credo bisogni. Tuttavolta non sa huomo de' chasi. Ciaschuno de' volere quella ragione in sé che in altrui. Io non posso intendare Buonansegnia. Ogni chosa s'opone senza averne altro consiglio. Non so onde si vengha. Stonne maravigliato, (e) pure inanzi che altro partito pigli, voglio avervi tutto l'animo mio detto, (e) chosì a lui. Io non so', chome detto ò di sopra e senza frottarie, per essare con huomo del mondo che con voi fino a la morte, volendo farmi presso al dovere, ché penso non volete il contrario, né mai voleste. Ma per altri v'è messo inanzi, (e) io il so, (e) per aventura si pensa fare il vostro bene, ché chosì credo, ma dicesi che a chosa fatta, consiglio preso. Voi chome savio m'intendete meglio ch'io nol dicho. Òvi sempre udito dire che l'amore conviene che vengha da ciaschuna parte a essere perfetto, e ci à di quelli che ànno buon consigliare che le chose non vanno bene che l'uno abi la schiuma della pentola, l'altro la grassa. Trovo che nessuno è giudice di sé - che or piacesse a Dio che chosì fosse! - e io penso per aventura essare di quelli, ma chome dicho, mostrandolimi, subito sarei al dovere. Di questi fatti v'ò asai detto. Io vi vo preghare ch'io abia chagione di dire essare vostro (e) non d'altri. Non so' atto a darvi consiglio. Pigliatelo d'altri. A me fie molto duro l'opinione d'altrui che a voi torni a dispiacere. A Buonansegnia ò fatta I.a lettera operta di questi fatti sotto brevietà, per che per questa ve ne dicho chiaramente (e) a bastanza. Rispondete di vostra intenzione il più tosto potete, e io non arò a tenere in chollo nulla. Voi arete sentito chome Ghino mio fratello è ito a Londra in Inghilterra, compangnio de' Guinigi, ed è là in bellisimo (e) grande avio, atto a chomperare lane, panni (e) simili chose che di là si chavano. E se per voi potesse fare niente, gli ò scritto il facci per voi chome farei io. Dicie là il nome "Dino Ghuinigi e compagni in Londra". Siatene avisato. So n'arete piacere. Non so che altro mi v'abia a dire, se non che chotesti miei fatti, se abile v'è, vi sien rachomandati. (E) se a punto vi viene darmi licenzia inanzi verno chostì venghi, arei vie più che charo con voi abocharmi, (e) simile trarre a fine la resta di quanto a ffare vi restasse di miei fatti anzi che guerra fosse. De! fatelo se vi pare, ché penso a la fine n'arete piacere. Se non, poi a gienaio vi sarò al più lungho, ché a me fia forza. Altro non vi dicho per questa, se non che rispondete quando a punto vi viene. Che Cristo mi vi guardi! El vostro Andrea di Bartalomeo salute di Vignione. [indirizzo:] Francescho da Prato in Firenze, propio. A. [mano di Stoldo; data di ricevimento:] 1389, da Vignone, a dì 26 di luglio. Risposto.