Al nome di Dio. A dì XII di magio 1394. Per Nanni da Santa Chiara ricevetti tua lettera: apreso rispondo. La lettera che ttu mmandasti, che si mandase a Grignano, inazi che Niccholò di Piero si partise di quinci, gle mandai; e più le mandai vino, e quello ch'io aveva chonperato per mandale. Il Fattorino dice che lla lese a mona Bartola; ela gli dise che noi la rimandasimo a Firenze, e noi chosì facemo. I piponi t'òne mandati, perché ttu mi creda no' sono buoni. Di quello dine ch'io dicha a mona Simona non n'òne anchora auto l'agio, perché no' mi sono ritrovata cho' lei mai sola, ch'i' abia potuta dillo bene; ònela bene tocha alchuna volta, ma no' chom'io vorei, perch'io non n'òne auto l'agio: quando mi veràne a punto, diròle quello mi parà. Ebi, per detto Nanni, il zuchero e 'l paneruzalo e le mele, e più ebi la ghabia in che venono i pipioni. Del fatto del mandare al mulino none n'ardischo a mandare a quello mulino, perché no' mi pare sia riuscito più bello che si sia d'uno grano che no' sia vagliato, né neto; io dubito che lle macine no' siano quaste; se ti parese da mutare mignaio, dilomi e poscia faremo di mandare quello che ttu die' a mona Taddea. Del fatto de' legere le lettere, legiamo una volta e due e tre, sì che pocho vi erramo. De' fatti della manichonia, penso n'abi più che ttu no' mi scrivi: questo darsi manichonia nelle chose che no' si può mettere rimedio è arogimento di danno e perdimento di tenpo: vuolvisi piglare suso partito e pensare agli atri che n'àno delle vie magori e richonosciere l'atre grazie che Idio fàne altrui in questo mondo e pensare alla morte e altri si darà pace d'ongni chosa. Io mi maraviglio che ttu no' ci torni qualche volta o che ttue no' mi iscrivi ch'ène la chagone e chome chotesta tue quistione istane. Porta grande manichonia de' fatti di ser Lapo che no' torna, perché mi pare ti sia molto male venuto a punto: Idio lo ci rimandi tosto per la sua grazia. Del fatto del zuchero ti manderò a dire, pe' la prossima, quello che vale qui. Mandoti uno paneruzolo di chastangne seche tra le rose e più ti mando uno paio di polastri grosi, perché sono da chaponare e sono buoni; no' te ne mando più perché non ò più: s'io avesi ghuatati quegli pipioni, no' te gl'arei mai mandati, ma no' gli ghuatai, perché giunsono iersera al trardi e Meo m'avea detto ch'erano buoni. Idio ti ghuardi. per la Margherita, i' Prato. Franciescho di Marcho da Prato, in Firenze. 1394 Da Prato, a dì XII di maggio.