Al nome di Dio, amen. A dì XXI di frabiaio 1402. Ieri ti scrisi e risposi a due tue letere, e no' trovai per chui mandartele; fucci istamani iStefano di ser Piero e rechò uno mazo di letere che andavono a Nanni di Cirioni, eravene drento una che l'ò auto a vespro; sarebe i' meglo aprila di sopra, da questa volta i' là aprirò quante ce ne verà, e terromi la mia. A Stefano di ser Piero diedi una mia letera e una ch'io mando a mona Zita e una di Luigi di Lottino e una che va a Vernania: dicimi che le de' a Manucio di Lodovicho. Per Arghomento ò auto una soma di legne. La muleta è quici ritta: faròlo ghovernare che Stefano la rimenerà chostà. Io apresi la letera di Luigi pe' vedere per era siquito di quello fato che ti sai. Tu no' mi di' nulla delle pilole ch'io ti mandai per Pucio. Der tornare qua lunedì, mi piace e di spaciarti d'uno buono pezo, farai bene, che a meno per tutta Quaresima, per udire queste prediche di fratre Giovanni. Avisami vedere nula a choperare nulla: i' no' farò nulla, se tu no' me lo mandi a dire. Avisami se non ànno fatto i' buchato: maderovi parechi panni. Quardatte che voi non mangiate tanto che voi non abiate bisogno di pilole; prochaciate di darvi buono tenpo per questo binlinghacio e rachomandami a meser Piero e di' che si richordi ch'io sono sua chomare e ch'io dubito che no' ti isvii, ma egli n'arebe pocho onore. Perché Stefano si vole partire, e Cristo ti quardi. pe' lla tua Margherita. Di poi è venuto qui Nanni Cirioni e sômi doluto cho' lui che non mi avea mandata la mia lettera e trovo ch'egli ebe la sua alotta ch'io la mia, sì che la cholpa non n'è sua. Franciescho di Marcho, da Prato. 1402 Da Firenze, a dì 22 di febraio. Risposto.