Al nome di Dio, amen. Dì 7 d'agoxto 1395. Francescho. A questi dì v'ò scritto quant'è suto di bisongno e ieri per la Vinegia n'ebi una vostra grande de dì 20 del pasato e, visto quanto dite in essa, rispondavi. Ebi chon detta lettera i chonti di Pisa, partite e chonti di lane, panni e fustani, i qual conti aoperemo quando tenpo s'à che ora non è a chagone il Singnore è qui. Ecci meserr Piero da Charrate ch'è in chasa Francescho, coè il suocero del fratelo e del figluolo, ed è uomo da bene e savio. Ora questa è una de le chagoni e l'altra sie che Guiccardo, che 'n questi 6 dì va Guiccardo a Vingnone, e non esendoci elli niente si può fare di deti conti. Chonveràcci atendere che tornni e poi, se si potrà, darvi fine e per noi no resta ora né per l'uno chonto né per l'altro e chomincino da quel vole pure che a ragone voglia intendere. Sechondo i chonti ò da Vingnone restano a dare da lb. 500 s'altro erro non è e Francescho si fa forte in su que' di Pisa che resta avere tutto il mondo, ed e no va chosì sechondo i chonti. Ora i' gl'ò detto quando vuole sian presti e chominci da qual chonto vuole e, se chominca da que' di Pisa e resti avere, non sarà mai pagato che farà buoni que' di Vingnone. E se resta a dare a' conti di Vingnone non pagherà mai che que' di Pisa s'aconcino, sì che chominci pure donde vuole che presti siamo e tanto fa a noi chomincare a l'uno chome a l'altro, pure che fine avessono. Chonvienci atendere tenpo e per richordare non mancherà e volesse Idio fosse col volere sete voi che tosto arebono fine e poi chi dovesse rifare l'uno a l'altro facesse, ma i' mi penso che se si vedesse ad avere chome a dare ne sarè più prosontuoso a fali nonn è. Sopra f. 255 mando a pagare a Genova a Govanni de Riccho per questa e per altra sono bene avisato sopr'essi e quando a cciò saremmo dirò quanto farà bisongno. E secondo noi è la verità, in questo ànno torto. Or tuttavia se ne dichiarino a loro modo che altro che dovere no volete e, quando a cciò saremo, dirò quanto mi parà bisongno sopracciò e voi aviserò di tutto. Vegio quanto v'à detto Beninchasa Alamanni chome s'achonpangnò chon Govanni da Pesano venendo da Vingnone e chome venono a ragonare sopra questi conti tra noi e Francescho da Pescina e chome vi pare prenda la sua parte. Quanto i' vi dirò, questo Giovanni sie buon govane ed è grande amicho di Francescho e di questi fatti non sa se none chome Francescho l'à inbochato e che fondamento a sue chose, a punto chome quele, non furono mai e, perch'i' so vo' chonoscete Francescho da Pescina, no ve ne vo' dire troppo ma chosì è ora Francescho chome mai. Ora a questo Govanni ò detto tanto che basta e fattoli tochare la verità e no resta gà per noi il chontare egl'à un ano e di 2 ci sono però contiamo: se deba avere il pagheremo chortesemente e se debe dare a nnoi, pagherà. Chi piuò aporre a questo se non che per pighertà loro rimane quanto noi siam suti senpre presti? Vedreno ora che abiamo i chonti di Pisa a che potranno apore e 'n buona fé, a mio parere, voi vi potete più tosto dolere di loro che di voi a tutte ragoni: ora questo resti e priegho ci dia grazia ne veghiamo un fine. Francescho v'à scritto male di me e del Pesano. Di me non vi voglio dire niente ora ma del Pesano vi vo' dire la chagone. È vero che di qui si partì gà è 5 mesi detto Giovanni da Pesano e un Petruolo Serrighone andorono a Vingnone chon fustani. Esendo là, questo Petruolo volle fare torto a questo Govanni di danari assai esendo i fustani menorono in mano di Boninsengna. Ora Boninsengna chom'è savio gl'achonciò insieme e caschuno ebe suo dovere e di questo non si possono langnare né l'uno né l'altro. Apresso, perch'è venuto la quistione tra Francescho e Govani, sie che Francescho fa chome li viene in testa e tiene uno fattore a Vingnone che à debito qui da 4.000 lire e non più. Ora questo suo fattore fu chon Petruolo insieme contro al Pesano e sì si mostrava suo amicho e son tatratti. Ora Govani se n'avide e, rifidandosi a somo amicho di Francescho: «Quand'i' sarò a Melano i' ne pagherò chostui!». E venne qui questo Govani da Pesano e si ebe a dire quelo questo fattore di Francescho avea fatto contro lui e chome avea tanto debito e che per aventura un dì se n'andrebe chon quelo di Francescho vedendo non di potese rifare altrimenti. Ora queste parole, un suo barba di questo Govanni, le riportò al suocero del fratello e del figluolo di Francescho da Pescina e questo, chom'è savio, riprese Francescho e che no volesse perdere il suo. A questo modo ora Francescho à 'uto per male da Govanni da Pesano e sono stati da 20 dì non s'ànno parlato se none a male in chorpo. Ora tra Francescho e Govanni e io, questo dì sanz'altro mezano, àn fatto pace insiene. Vedete di quanto a detto Govani li potrebe avenire legiermente e quelo è detto riputa per bene e sì vi provederà e 'n questi dì v'andrà Guiccardo e chosì interviene a chi fa quelo non dè. Di quelo ch'i' mi maraviglo sie che dice male di me e per che chagone che non è huomo sopra la terra facessi mai male se non è a me. E, quanto chome vostra lettera ebi, dissi a Francescho chosì: «Noi stiamo tutto dì insieme e mangano e bevano, questo perché mi fate voi? Vo' non avete ragone e sapete bene che questo non s'è mai». E se ne ride chome quelo ch'à pocha verghongna e dice l'à detto per fare male a Govani da Pesano perché tornnò insieme, e questa è la chagone secondo lui. Quanto per la chagone gl'uscì di chasa non so da me: per chosa fessi non è, ma d'altri li fu messo in testa, ma per mio difetto non si potrà mai trovare sia suto e se si può mai provare, o è chon verità dilo, i' vo' morire. Di quante lettere v'à mai scritte avè ma' detto facci quelo non debo. Ora eli scriva chome vuole: a voi di me non puòe dire niente chon vero e questo vo' bene sostenere. Ma i' no voglio altra schusa se non sapete che egl'è, che 'l padre non ebe forza di fali mai mutare verso. Sapiate chome i farà ora ch'è morto: è persona si lascia ghonfiare da ongnuno e se atendesse a chi bene li vole, farebe mè non fa e certo se niuna chosa il tiene salvo sie l'amistà à fatta. Ora sopra quanto mi scrivete sopra questo fatto v'ò deto quanto ne so e però resti. Vo' dite pensate in questo fatto sia stato sofiato per altri e che per aventura Falduccio à fatto sua parte per non perdere la paffa e che non vengna a mano de' nostri. Quanto i' vvò dire, per quelo sento insino a qui, di lui si loda molto pocho di chose per lui faccia e quanto in ciò non so chagone se uno che non sa quelo si voglia e ora dirà una chosa e stando un pocho non è niente, sì che vedete s'à la testa del padre e c'arebe a dire tanto non se ne verebe mai a chapo e però resti. Hi' mi penso che chi oserverà i chomandamenti vostri no farà mai male né danno ad altri e no ne sarà fatto a lui. I' per me, si arò tanto chonoscimento, no ne vo' uscire e sechondo ch'i' ò volontà fare altrui sia fatto a me e non altro. Lettera di mano di Bascano sopra i f. 255 non ò auta in questa: atendola e poi vi dirò sopr'essa e quando si potrà la operrò e sì vi dirò sopr'essa e, se mandate non sono, vedete mandale e sia per salvo modo. Questa è la scritta avete per detto servigio e penso bene riterete la chopia: i' quando l'arò le provederò bene. I' son ben certo che tenpo asai avete messo in questi fatti, e pù charo l'ò che danari, ma tutto quelo si fa per avere suo honore e dovere. E se a bocha non ci samo potuti trovare per dire sopra questi fatti non se ne piuò altro. E per lettere vostre e di Boninsengna mi penso bene eserr sì avisato, e poi avendo le lettere avete, che i' arò bene da rispondere loro chiaramente quando a cciò eserr voranno e i' ò in punto i chonti di Vingnone e vostri di Pisa. A Francescho potete scrivere chome vi pare: egl'à questo in se e non glege lettera afatto se non gittala e dicie se di fuori vi è quelo vuole dire. Ma i' dirò chosì: chi è savio tocha a chonportare ta gente e chosì interviene a voi, ora lo scrivere non è che buono, ma che pochi versi a cciò possa soferire di legere e rispondere. E quando à gran lettera, e vengna donde vuole, non può soferire a legere de le 10 parti l'una. Ora intornno a cciò fate chome vi pare che mè sia: i' per me mi ritengno cho lui e mango e bevo sì per l'amistà e sì per amore de' chonti e gettomi ongni chosa dice dietro a spale perché so no ne sono pechatore. Ora, quanto sopra questi fatti dite, è bene a punto e chosì piacesse a Dio si potesono mettere in aseghuizione chome c'è il buono volere di fare dovere l'uno a l'altro. Vegio Guido è suto chostì e mi penso vi dirà, quando arà agio o sarà tenpo, quanto farà bisongno e de' danari prestati farà quanto si dè. Li speroni vi manderò in questi dì e simile i vostri: è una pena avere il rifornimento però sono al modo anticho. Quando vi li manderò v'aviserò di tutto. Quanto in destro non sono a partire al presente di qui né per costì venire né per Vingnone però metterò ischoncio asai e danno e i' non voglo ciò sia. Ma qua al novenbre, se Guiccardo non fosse tornato e per Vingnone si fa pocho, forse si potrà prendere chalino e Boninsengna ne vene avisato e quando sarà tenpo il dirà e i' seguirò quanto sarà da fare non mettendo schoncio niuno. Ringraziovi che vorexti volentieri fossi apresso voi un anno per vostro aconcio e tutto vostro achoncio farè volentieri perché ne sono tenuto e più che ubrighato. Ma chome vidite, questo non piuò eser però sarè chon ischoncio d'asa' chose al presente, Idio che più ci presti grazia quanto i' per me non sono per uscire di vostri chomandamenti se potrò e se sarà piacere di Dio. La chavalchatura a fornire qui lascerò stare poiché a Barzalona per più vi sete fatto e non pensate che per domandare e cerchare nonn è restato ma sono per non avere chosa da voi. Vegio quanto dite sopra quelo scrive Stoldo che non sono pure qui per una chosa e che dovrei pure vedere da trarre da Vinegia et da Gienova e mettere qui. I' v'asengno la ragone viva che ora è per un lettera vi mando chon questa e vedrete s'è da fare o nno. Ora chome voi vedete, i' non ci sono anchora posato fermmo e tutto dì son potute avenire de le chose ch'eserci grossi potrè fare danno e quando l'uomo può il dè levià prima e none aspetare a dire: chosì avessi fatto e inanzi fare' un pocho meno. Sopracciò dite ragoni asai e buone e però a me non bisongna richapitolare se non ch'i' penso a fare per modo vi lodiate di me e che danno non vi porti a chasa. La scritta da Barzalona ebi: ora i' fo mettere in punto 100 migliaia d'aghugle di pù ragoni per là che l'arò in questi dì. E qualch'altra mercie per là metterò insieme in una balla e manderòla e non si dolgha Stoldo a dire. I' non so chosì che dichono pregio e non dichono qualchosa v'è spaccio ed àvi di quele se ne perderebe e assai: i' vi dicho ch'i' vo' vedere quelo fo e s'i' potrò i' farò sì che danno non riceverete e provare, e pocho per volta, nonn è che buono poi miglorare secondo il tenpo. Ora i' ve ne dicho asai per altra, provedetela. Ghuiccardo venne a Pisa e dovea venire chostì. Poi no vene che vegio ve ne grava perché l'atendavate chon di lettere, or è pure chosì. A Pisa scrissi e bene chome mandavo le lettere per lui e chome dovea venire a voi e, se chostì fosse venuto, so bene che grande onore gl'aresti fatto e questo non bisongna a me scrivere. A voi e poi a Pisa non si dovea ristare e qui, inanzi si partisse, fu' a Francescho e a lui e dissi se di niente aveno bisongno a Pisa o di danari o d'altro. E mi risposero che nno e che scrivessi perché non bisongnava e, poi avea a venire a voi, non me ne churai. E nonn è venuto che se l'avessi pensato are' scritto altrimenti non è fatto: è pure da fare ora e di quanto v'à scrito da Pisa egli à fatto secondo l'inpose Francescho. Dio, queste sono chose non arebono ma' fine se non è a bocha e pure la verità rimane ne' suoi piè e chi fa il bene ne 'l porta. A Francescho e lui ò detto chome li risponderete per la prima, atendoli. Come in altra v'ò detto a Vinegia scrissi sopra guado perché Domenicho Grasso ve n'à chondotti: atendo risposta e poi vi dirò sopr'esso. Lane di San Mateo lb. 15 1/2 cento e non so chome da chi le mette che non so se farè lb. 16 ci venghino; d'Arli lb. 13 in s. 10 e pocha richiesta ànno al presente. Fustani di guado lb. 7 peza, bordi lb. 7 1/2 in 8, peze piane 6, di 2 chandelieri s. 56 in 57, 2 romiti s. 60. A fornire chose pe nostri di Vingnone tengho modi che forse ci piacerebono e, chome à detto Boninsengna, «Va' spesso a' maestri e vedi chome fanno», e chosì ne fo e quanto i' non chredo sia indarnno che facenda non mi mancha. E volete dire tu potresti fare più, sì, ma s'altro no vegio non per ora di mettere e al trare si vuole danari in mano e fasene asai di meglo e chosì chonpro per la bottegha e gà non si langnano di me. Farò sanz'altro dire per ora se nno mi vi rachomando se fo quelo debbo e facendo il tronciario sia fatto a me. Cristo vi ghuardi. Tomaxo vostro vi si rachomanda. Francescho di Marcho, in Firenze. Propio