Al nuomen di Dio, amen. Fatta a dì 2 di marzo 1400. Questo dì i' ò riceuto una vostra lettera fatta a dì 26 di febraio e chon esa una da Vignione e un'altra da Pissa, va rispondo. Sapiatti che fino a dì 28 di febraio Tomaxe se partì da Millano per andare a Firenza e m'à lassato qua 2 vostre balle de almandolle per vendere e fino ogi no sono anchora venduti. È romasso che no se n'è possuto avere se no lb. 9 lo centinaio a rea moneta e, vedando che la moneta se deveva abatere, no son venduti. Oggi son mostradi: no se ne trova più che lb. 6 s. 5 lo centinaio, la caxone sie che n'è 'rivatte asay da Venegia de quelle de Polia che son asay più belle che non som queste da Valenzia. Farò fosseno mie proprio e più tosto poterò ne farò fine. Similli i dinari che son costà di mei tenitelii fino che da mi avritti letera di quello che volio che ne fatiati. Vederò chomo andarà i chambi per costì e possa volio che me mandati i ditti dinari o che io li mandarò a paghare costà. Di cò saritti avisati di mia intenzione. Altro per questa no c'è a dire. Idio vi ghuarda. Per costì e per Venegia nulla, similli fiorini, duchati nulla: no starano grande tempo che no abiano chorso Giovani da Pessano, saluti da Millano. A dì 5 niente a dire. Poi lettera da Vingnione: basta, per costà ci è altro avixo. Francescho di Marcho e Andrea di Bonanno, in Genova.