E' fa più mesi che Lodovico mi richiese in Firenze di quello disse io gli avea promesso alla Mercatanzia, cioè ch'io farei che fiorini due e lire sedici dovea aver da voi, che e' ne sarebbe pagato: e che e' non si conterebbono nella ragione ch'io trattai tra voi e lui in quella corte. E vuolmi ricordare che, come persona che non me ne ricordava così a punto, io gli rispuosi per lo generale; e ch'io farei e direi, ec.. Da poi e' me ne scrisse dogliendosi un poco, ch'io non ne facea nulla; e ch'egli fe bene ciò ch'io volli alla corte. Io gli rispuosi, o vero a lui o vero a Barzalone, che anche me n'avea domandato; e prega'lo mi rinfrescasse per sua lettera nella mente come questo fatto dovette andare, a detto di Lodovico; ch'io ne farei operazione con Francesco, cioè voi, secondo quello mi paresse. Ieri, essendo in Prato io, come Lodovico il seppe, venne a me, e femmene grande diceria, ec.. Ora io no l'ho così di posta a mente, s'io gli promisi nulla: penso io bene, che io dovetti dire di farvi fare verso lui ogni cosa giusta. E dicovi, Francesco, che se mai no gliel'avesse promesso, e io gliel promettesse oggi d'operarmene, ch'io farei bene; però che in quella ragione non si mise se non quell'uno fatto, del quale siate certo non areste mai auta sentenza, se non ch'io rapportai che le parti erano d'accordo. Sapete che io vi venni su a spizziconi, perchè mi parea fare contr'alla legge e statuti di Dio; cioè, che di prestanza di danari niuno frutto s'aspetti. Or andò pur così: la volontà vi portava; e io veggendovi turbato, non volli dirvi cosa che v'avesse anche a scandalezzare più: perchè vi cognosco esser troppo rotto contra chi vi pare v'ingiurii; che forse Iddio ha fatto per lo meglio dell'anima vostra quello che vi recate alcuna volta a mancanza. Tutta questa parte ho detta perchè ieri mi fu detto in Prato da vostro caro amico: Ser Lapo, tu non di' il vero a Francesco, e tu e degli altri ch'usano con lui; e fate gran male. E hammelo or detto due volte; e pur vi vuole bene bene. Non so io s'egli il fa così egli. Non so se disse pe' fatti di Lodovico: ma a me fe noia all'animo quella parola, e anche arrossar le gote: chè troppo ho per male che si tenghi ch'io vi vada lisciando la coda; chè cattivi sono ch'il fa: e ch'il fa, fa come la serpe, c'ha il veleno nel dirieto. Venni a voi a casa, e non vi trovai. Abbiatemi per iscusato. Oggi fui anche con ser Paolo pe' fatti dell'amico; e dissigli che tali potrebbono esser ch'arebbono animo di lasciarvi, che nol farebbono veggendo, ec.. E' mi rispuose, che ognuno era libero del suo: ma che per molte cagioni e' volea far così. E che catuno che lasciava a quegli infermi, almeno vedea quello che se ne fa: e che chi pensa far meglio, che l'animo suo n'è molto consolato, ch'egli il faccia; perchè di queste cose hae briga, e sostiella volentieri: e anche arebbe piu caro, che chi ha lasciare, trovasse cosa che più piacesse a Dio; perchè a lui basta una cappa. Quando potete, vi prego si vegga se Lodovico ha avere o dare di questi danari: esso dice non se ne cura; se non che, se voi aveste avere da lui, gliel cavereste dell'ossa; tanto, dice, gliel fareste chiedere. Non v'ho mai detto del bello servigio faceste a monna Bartola della farina, che ogni dì vo a lei mel rammenta. Priegovi non pigliate più quella fatica; che e' basta bene mi prestaste il danaio per lo grano, sanza aver anche la noia del mulino: come che assai presto il diedi al fondaco per voi. Io non so s'io mi sogno, che voi siete un poco turbato meco, del lasciarvi la sera con Niccolò solo. E io ve n'ho fatta la scusa viva e vera; e così m'aiuti Iddio, come io pensai piacervene in parte, perchè vidi le poche parole mi diceste del rimanere io; che pensai volentieri vi stavate solo con Niccolò, sanza avere a far per me cose nuove per cena, come sempre fate in mio dispetto. E com'io fui partito, m'avvidi avea errato; chè allora dovea io ristare: ma 'l viluppo in ch'io era, ne fu cagione. Francesco, io non sono a voi come Oreste e Pillade, nè come Damone e Figia, che per amistà chiedeva l'uno di grazia morir per l'altro. Nè anche sono come i Sardanapali, ch'erano amici per ghiottornie e per guadagni. Ma di quegli amici innacquati che corrono oggi, io non sono il piggiore. E Iddio vi guardi d'avversità, che io non sarei de' primi a fuggire. Ma non è atto ognuno ogni volta compiacervi d'ogni minima cosa che volete; e voi subito mi dite innanzi: Io non ho amico niuno! E non è buono nè onesto detto. A Dio v'accomando: e priegolo vi dia grazia di sapervi vincere in dimenticare le 'ngiurie: ch'io n'ho patite sei tanti di voi; e, grazia del Signore, nulla vendetta disidero, ne a uomo vivente mal voglio. Se lascerete fare a Dio, e pure a' tristi medesimi, tutti i cattivi e gl'ingiuriatori vedrete pagati. LAPO vostro. XXVIIII di gennaio.