Venardì, 27 maggio. Stasera alle 24 venne Stoldo al canto nostro, dove poco uso; e meno vi starò, perchè la vita de' giovani m'è in odio; e diemmi uno mazzo di lettere. E al presente non dirò molto, perchè attendo una n'avete scritta a Stoldo sì lunga, che non spero me la possa leggere sì tosto, com'io vorrei; sì che per la prima n'arete da me risposta. Dirò al presente quanto m'occorre per lo mazzo ho auto. Prima ho letta la lettera di ser Baldo di Mannuccio e di Ridolfo; e stanno sì, secondo me, ch'io ho caro l'abbiate fatte, e andranno; e penso gioveranno. Io mi fidava bene, che per mia lettera Ridolfo e Mannuccio sarebbono fermi alle oneste cose, come quaglia da bracco che fermi. Riserberommi a' bisogni, e 'l tempo ci consigli: dico, s'io avesse loro scritto io. Appresso dirò dell'anima era nella vostra; cioè, che per alcuna cagione pensavate uscir più tosto di Bologna, che non pensavate prima. Dio vi dia grazia pigliarne el meglio. Tanto vi dico, che se fosse perchè temeste che cotesto savio e buono Signore, secondo si dice, non vi ponesse taglia o imposta di danari, vi direi ch'ella non fosse sofficiente cagione; però che e' dee pur conoscere l'onor suo; e crederei che anzi ponesse mano a vendere le mura: conciò sia cosa che questo non sia uficio di tale dolce e amorevole Signore come è cotesto, e non sarebbe raffermare il suo stato: e non che costì, ma crederei che a Pisa non vi fosse fatto; sappiendo cotestui come siete nel reggimento di qui, imborsato, secondo si dice, in tutte le borse; e ogni dì siete astettato esser de' nostri Signori. E per queste e per altre ragioni, e per non cominciare a diventare nimico de' suoi fratelli, pensarei mai questo non potesse essere. Or voi non mi dite la cagione della vostra partita; ma s'ella è giusta, venitene. La chiave della casa e le cose a chi che sia l'affiderete in tutto, e non curate, e le persone leggieri leggieri condurrete di fatto in sul nostro. E non temete. Ben dico che volendo andare in Cafaggio, che è la via dalla Romita, uscirei dalla Fiorentina, e farei la via da Ponzano; e non saprebbe la mia donna i miei pensieri, salvo che del tornare a Firenze per la strada. E piacerebbemi più trovarmi a Barberino di Mugello; che non è via sì usata. E poi tornato qua, s'io dovesse venire costà io, farei condurre salve le vostre cose. Or io pesco sanza rete, nè so ch'io mi dica; nè so la cagione della vostra tornata. So bene che la stanza vostra costà mi piacea, perchè tutti i Fiorentini v'amano; e per dottanza che non andaste a Vinegia, e per non perdervi, arebbonvi posta poca prestanza. E voi siete pure in grazia dello Stato nostro quanto niuno vostro pari. Nondimeno v'ho più caro torniate, se ci ha buona cagione, che se stesse con dispiacere niuno. Che nulla disidero di voi, se non vedervi vivere lieto; e che al partire l'anima vostra vada bene. E però non guardate a' miei avvisi: tornate, s'a voi pare. Iddio sa tutto. Vostra renella, che fate quando pigliate delle cose da ciò, abbiate cara; però che l'acqua dell'orina corre allora sì bene e sì forte per le vie sue, che ne mena ogni bruttura e rena che truova per via. Io spero vedervi tosto; e trovarete che di questo difetto io ne veggio assai: e veggiomi sano per la regola. Dico bene, che quell'acqua tornata a mezzo si vuol bere, a far bene, quando la sera dinanzi aveste poco cenato, sì che trovasse le vie non galcinose di troppo cibo; che non potrebbe troppo ispazzare. Ella è cosa di troppo valore: ma non ogni mattina, direi; ch'avendolo fatto quattro o sei mattine, metterei in mezzo quindici dì; e pigliare'la anzi il cibo un poco, e poi pigliarci poco e buono. Malvagìa non usate, se non degli otto dì uno bicchieri, in sulla terza; e che lo stomaco sia voto bene: facendo così, quella rena abbiate cara. E i più ne fanno, eziandio sanza fianco. La presa è mezza scodella, e berla. E credo basti mettere a fuoco mezza libbra di ceci, e libbre dieci d'acqua, e torni a mezzo. La lettera avete scritta a Meo non mi par vostra (così m'aiuti Iddio!), ma d'uno maestro ottimo, di Guido nostro: non credo Salamone l'avesse avanzata, al disiderio mio. Mirabile cosa è quanto vedete alcuna volta, e quanto alcuna volta non vedete, per lo rompere, vi fate. Ma altro non potete: così cognosco; e hovvi gran compassione. L'altre lettere ho tutte lette, e farolle tutte dare, e stanno bene. Non ieri ma l'altro, vi scrissi sopra quella materia delle prestanze, sì che poco v'ho a dire. Voi dite, mi date troppa noia: voi errate. Sapete bene che i pesi portavate al Palco murando, v'erano sommo diletto. Pregovi solo e richeggiovi per l'amore è tra noi e per la nostra amistade, che viviate lieto; sia che vuole: e per questo conoscerete più Iddio, e arallo per bene: e non curate così acconciare ogni cosellina. Guadagnare, sa fare ogni tristo; ma non sa ogn'uomo travalicare, e lasciare andare, e perdere. Io non credo qua vi sia fatto torto; tanta amistà avete in questo Stato, che si può dir vostro. - LAPUS vester.