Reverendissimo padre. Quest'ora ò ricevuta vostra lictera da' vostri del fondacho, per la quale chiaro chognioscho quello tenero amore, che già fa più tempo per sperienza et per omgni manifesto sengno compresi, ma quelli ch'è copioso di tutte le gratie me faccia valevole a potere a ttanto come che ssia sodisfare. Io sono soprastato poi tornai di Lombardia qua per chagione m'è convenuto essere a certa praticha co' savi et maestri dello Studio, però che quando andai m'inpuosono commessioni loro et del Comune, onde cessa via che io non sono tenuto d'amici qua, come pare crediate, benchè per loro perfectissima carità lietamente mi vegano et io ancora, con quella pocha ch'io ò di loro, fo il similgliante. Parlai co Niccholò prima venisse costà, e ragionando sopra i fatti vostri ci concordiamo era il migliore per l'una parte et per l'altra prendere il partito che preso avete, et così mi pare vi dobbiate contentare, considerato non asentirò se none quello fia ragionevole et douto, et simile credo d'Agniolo, et non sarete per niuna parte ingannato. Io credo essere costà martedì sanza fallo, sichè subito si spaccerà la faccenda. Altro non resta a ddire se none m'abiate racomandato et alla vostra familglia: altrementi non mi vi profero, perchè già più tempo a voi liberalmente dato mi sono. Del fatto di Francesco, òllo a mente. Priegovi m'abiate scusato s'a voi noon ò scritto, perchè pensava più tosto tornare. Iddio vi guardi lungamente. Per lo vostro Giovanni. Dì 5 di luglio. Di Firenze. Francesco di Marcho in Prato, padre carissimo. 1392. Da Firenze. Adì X di luglo.