e in quella era una
e con quella ti mandai lettere mie a l'
e ad
per quella ti dissi la cagione nonn aveva scripto già due e rispuoseti
a tucte tue lectere aute da te da più tempo in qua. Credo l'arai aute e
pertanto non ti ripeterò quello ch'allora ti scripxi.
llatione con
e un'altra del e fu quella
del e turbommi sì forte ch'io credetti la
mattina della
e
lectera che tu la legessi; poi per non fare scandolo non la mando. Io mi
maraviglio che tu monstri dubitare della favola che tti disse il
non credo che fosse mai alcuno sança la donna sua che vivesse più honestamente
di me e più casto. Così potrebbe essere, ma più no. Né femmina tenni né
tengo, né fo cosa d'avere figliuoli, né ebbi mai né arò figliuoli, se non della
mia donna, se Dio ci doni tanta gratia che noi possiamo vivere insieme. Or di
questo non curo inperò che lla buona vita fa bugiardo chi parla male.
Io ti scripxi: «Pensate del venire della donna». Or questo dì sono stato con
e pare che 'l mare da qui a
questi dì una
è da pensare ora del venire, ma se Idio mi fa sano, io sarò innalçi che sia il
io credo mi morrei di malinconia.
Apresso ti scripxi come vedessi modo l'e se non
puoi tu, fatti prestare a e io gli scrissi per altra
li piacesse prestarli e io li renderò qui a questi suoi, e così gli
scrivo ora. Io non credeva che ll'nna
mpagnia. Quest'è troppo male ch'elle stia sola, ed è
grande vergognia de' miei e de' suoi più che di me, ché non sanno
trovare, se monna
lla faccia compagnia. Io per me l'avevo lasciata acompangniata, ma è piaciuto a
Dio scompagnarla. E se nonn à che vivere,
All'
sue, che sança fallo tengha ch'io non strò questo
Al
s'è mosso a scrivere così, e come adirato mi scripse. O· ti prego l'
ti sia racomandata. Tu sai che aE se à
bisongno di nperò che 'l
anni
Io ti scripxi che molto mi piace il
piacere. Racomandami a e la e l'e la
mia
queste lectere, ch'io gli ò prestato però n'avea bisongno e per infermità è
soprastato. À nome
Per lo tuo
io.