Reverende domine. Recevei vostra letera a die VI d'
aprile, facta in
Prato
a die XXX di
marzo, per la quale ò inteysso de la sanitae vostra, per che a mie
e ali mei è stato de piaxere e consolacione. Seguese apresso che più autre
letere m'avete scripto e niuna reposta n'avete auta. A questa parte me ne
scuso, conzò sia cossa che sono stato fuori de
Genova in
officio longi
miiha 75,
sive LXXV, e sonvi stato
mexi 16, perchè vi sono stato refermato, e ogi a die fa
jorni 8 che intrai a
Genova, e pertando me ne scuso. Aora sono in
Genova, e
no varà più scusacione. L'
oficio il quale ò auto no se dà per lo
comune di
Genova, perchè sono
convencionati con lo
comune, e pertanto eli
eleihono il
podestà con uno
judixe, il quale
podestà à grande balia in lo civile e
in lo criminale. No dexe a mie lodarme, ma pur penso averne aquistato honore,
Idio laudato. No me destendo per questa presente tropo scripvere, perchè più
ad axio ve scripverò più a compimento.
Ò sentito l'onore avete fato et fato fare a la mia
fiihola, per la quale cosa
regracio voi et la dona vostra et tuti li vostri benvogenti e amixi. No scripvo per
lo presente a niuno salvo a voi, perchè, repossato che saroe, scripveroe a
Tendy e a
'Ndrea e a la mia
fiihola, e satisfiroe
fiorini 31, li quali resto ancora
an dare a l'
Andrea
genero mio a compimento de ogne cossa; e se ve scade
vederli o alcuno di loro, ditegi de mie nuova, in quanto no v'agreve.
Data in
Genova, MCCCCVIII, die VII
aprilis, per
PETRUM de BENINTENDY,
servitorem et amicum vestrum, qui vos et vestram
mulierem vos salutat, et
vobis se recomandat, paratus in omnibus vetris mandatis obedire.