Al nome di Dio. A dì XV di
marzo 1393.
Di poi di qua ti partisti no' t'ò iscritto per no' vedere il
bisognio. Questa ti fo per avisarti chome noi abiamo auti, questo
dì, i
ronzini che prestasti a
meser
Filipo Corsini; àne rimenato
chiavato il
morello; per altro debono esere stati bene, ché le
bestie sono in buono punto; volevalo pure menare il
gherazone
chostà e tenelo tanto che fose
ghuarito e molto se ne doleva e
molto n'era manichonoso, dise ch'avea sei
ronzini a rimenare chostà;
domandalo se nn'avea niuno ch'avese difetto, ché, se me lo volese
lasciare, che nne farei chome se fose nostro. Intorno a ciò disi
quello mi parve fose di bisogno.
La
mula
ghuariccie forte e al
morelo faremo fare ciò che
sarà di bisogno: no' te ne dare manichonia, ché se ne farà chome
se ttu ci fosi, no' sarebono servigi se no' si chorese pericholi.
I' ò fatto iscieglere di quelle
schodele mi lasciasti ch'io mandasi
a
ser
Lapo; ònegli mandate dieci di più fatte; àciene poche,
sì che pertanto none gli ò potuto mandare più. E mandàgli uno
mezo
quarto di
cieci; aveva animo di mandale due
tinche, se ce
ne fosono venute delle belle.
De' fatti de'
vini, aspetto da tte quello debo fare. Domane
sarà
merchato e
chonperemo di quelle chose ci sono di bisogno.
A
Piero di mona Mellina,
fornaciaio da
Filettere, òne mandato
a dire, se no' ci
pagha, che noi gli faremo novità: che noi la
faciavamo male volentieri. Il dì del
merchato ci debe eserre e chontenterami
di tutto e di parte.
A
Filettere no' si fa più nulla insino che no' si rachoncia
il tenpo.
Nannino e
Meo ànno presochè rienpiuta la
fosa che ttu
dicievi e, quello tenpo ch'àne piouto, ànno ghovernati tutti i
salci.
De' fatti tuoi, m'à detto
Niccholò di Piero, che ttu ne credi
tosto riuscire: no' credo mai vedere il dì. Idio per la sua grazia
ciene chavi. Iscrivi, se puoi, al
Fattorino quello ch'ène del
suo
fratelo, ché n'à molta manichonia.
E altro no' dicho. Idio ti ghuardi. Rachomandami a
Niccholò
e salutami la
Franciescha.
per la tua
Margherita, in
Prato.
Il
chaperone di
Nannino, ch'era ne la
chamera dove dormì
Chastangnino, ci troviamo meno; maginami a mano a mano che
lla avese auto egli, no' di meno noi n'abiamo auto manichonia
e
Nannino più che niuno. Per chavagli la manichonia mandai pe'
lo
fornaio e domandalo se l'avese vedutoglele i
ndoso: dise che
sie; chi nascie
bestia non ghuarà mai! Poteva bene dire a me:
"Io porto il
chaperone di
Nannino"; che tristo il faccia Idio
più che non è!
Franciescho di Marcho da
Prato, in
Firenze.
1393 Da
Prato, dì XVI di
marzo.
Risposto dì XVI.