Al nome di Dio, amen. A dì XII di
iennaio 1374
Francesco, il tuo
Nicolozzo di ser Naldo da
Prato, saluto a tuo piacere, con
volontade di te vedere sano e allegro
come caro fratello. Ricievi tua lettera, la quale vidi volentieri; e con
essa altre lettere, le quali diedi tutte.
Io ti ringrazio quanto posso, però che vegio che se' disideroso di sapere
novelle di me e di mia
famiglia; e, oltra questo, ti proferi di fare ciò potrai
di bene per me e per la mia
famiglia, no avendo io a te mai ciò servito nè
meritato: ma ciò t'aviene per la tua bontade propia. Iddio te ne renda merito
per noi; ch'io non sono soficiente a tanto.
Sappi ch'io sto bene, io e la mia e tua
famiglia; chè così la intendo reputare e
reputo. È vero che Iddio ne chiamò a sè uno de' nostri fanciulli maschi, ciò fue
Biagio, ch'avea otto
anni, lo minore. Iddio lo benedica. Li altri istanno, per
la grazia di Dio, tutti bene per insino a qui. Ora ti scriverò novelle della
morìa e del caro.
Come per altra ti scrissi che qua era cominciata la morìa di fanciulli e
giovani, così è poi seguitata insino a qui; bene che n'abbia portati alquanti
uomini e donne, una buona partita; ma l'effetto è stato sopra i giovani, che ce
ne sono morti grande numero e grande quantitade; e per ancora non ci pare
ch'abbia fine. Aspettiamo questa primavera con paura di ciò, ch'ella no rimetta
mano. Iddio ci abbia misericordia. Li tuoi
parenti e vicini, per la grazia di
Dio, stanno bene. È vero che a
ser
Tomaso Iunte e a
Bartolomeo sono morti
parecchie fanciulli. Li altri stanno tutti bene. E la nostra vicinanza per
insino a oggi hae da Dio ricevuto grande grazia: laudato sia elli sempre. Ora ti
scriverò del fatto del caro, ch'è qua in
Italia.
Qua è grande caro, e ogni dì ci
rincara: e cominciò insino di
ricolta, però che
al tempo de' nostri antichi non si ricorda una si piccola
ricolta come uguanno è
stata. E se non fosse la moria ch'è stata, ho paura che l'uno converrebbe
avere mangiato l'autro. Qua
vale lo
staio
fiorini 1 d'
oro, ed è cattivo
grano, in sino in
lire 3 lo
staio. E così per tutta
Italia, questo o peggio. Ora
ne sai tutto la veritade. E ogni altra cosa che bisogna al corpo umano ci è
caro; e'
guadagni, perduti in tutto.
Il
balco della tua
casa abbiamo lasciato stare per lo meglio, no per
denari, no
per fatica, ma per vedere come vanno queste cose, e perciò speravamo venissi di
qua; però che aviseresti tu meglio co li occhi, che a mente; e quando li
danari
sono spesi, non si rianno. Questo ti dico per lo
casolare c'hai
comperato, lo
lavorio vorrà seguire per altro modo che quando eri qua: e però ci pare
attendere sii qua tu, e veghi coll'occhio.
Rammentoti che l'etade d'oggi è nulla, a quella che solea essere. Questo ti
ricordo, per tanto tu sai che Dio t'ha fatta o fa grande grazia in acquistare
dell'avere del mondo (lodato sia elli!), e havvi durato e duri grandi affanni.
Pregoti non vogli durare tanta fatica per li strani; vogli fare sì, che di te
rimanga memoria, e chi preghi Iddio per te. Non volere ogni cosa: tu hai tanto,
che è t'è a bastanza. E s'hai pure voglia di
trafficare, puoi fare come fanno
degli altri: accompagnarti, lasciare li
compagni di costà, e
comperare di qua, e
non tenere tutto di costà. E questo vedi fare a degli altri che
trafficano.
Iddio non ci dice: domane ti voglio! Quando aspetti di torre
compagnia? quando
sarai vecchio? E poi ti converrà lasciare
manovaldi a' tuoi
figliuoli, se Dio te
ne darà. Iddio lo sa come sono poi trattati: e tu l'hai bene provato, e
de'lo sapere.
Mona
Piera sta bene: è vero ch'elle ebbe male; ma, laudato Iddio, ella sta bene,
ed è molto rallegrata per la lettera l'hai mandato. Prima ne stava con grande
malinconia: ha' fatto bene a scrivere. Elle ti scriverà per sua parte una
lettera, e saperai tutto da lei. Tu mi scrivi ch'io ti scriva se
Piero di Iunta
l'ha
pagata del
panno ch'ebbe
Nicolò. Sappi ch'elli no l'ha compiuta di
pagare,
anzi l'ha restato a dare
fiorini uno d'
oro e
soldi. Dice ha fare
ragione con
teco, e che 'l farà teco.
Scrivi al
figliuolo di
Bonaccorso di Tano, che
Bonaccorso e la
madre e
tutti li altri
fratelli e
Marco stanno bene. Laudato Iddio. Salutalo mille volte
per mia parte: pregalo faccia bene. Saluta
Ioanni e
Beltramo per mia parte: come
ti pare, di' loro che la
Mina loro
zia e la
Francesca loro
serocchia e lo
marito
e lo fanciullo suo stanno tutti bene, laudato Iddio: ma per la
carestia arebbono
bisogno del loro aiuto; e di ciò ti prego aoperare come saprai, ch'ellino le
sovvengano di quello che possono, però che hanno bisogno grande per lo forte
temporale: e mandano loro mille salute per loro parte; e mandansi loro
raccomandando, pregandoli che, se modo ci fosse, piacesse loro di venirle a
vedere, però che non hanno altro bene. Pregano te quanto possono, e io, le
raccomandi loro come saprai.
Tu mi rammenti ch'io ti scriva com'io sono poi liberato sopra a' fatti di
Ioanni
nostro, del fatto del
calonacato. Sappi ch'io sono in quello medesimo pensieri
ch'io m'era quando ti mandai la suplicazione; e di ciò ti prego t'aoperi in
servigio di me, se essere potesse. Io ti mandai quella suplicasione scritta per
mano del nostro
Vescovo, però che di ciò m'avvisò: perchè avèno fatto lo
Capitolo della
Pieve certi
ordini nuovi, li quali no vi furono mai: però la
feci scrivere a lui, e
manda'lati perchè valesse. Tu di' che credi sarà
forte a farlo; ma che di ciò ti metterai alla prova, come da me arai risposta.
Questo è piccolo beneficio, ma è in
Prato. Sono certo, per la tua bontà, ne
sarai servito. Ma se questo venisse caso ti mancasse; rammentoti, se puoi, facci
del
calonacato di
Firenze di
Santa Liparata, o di
Sa' Jacopo di
Pistoia, che non sono però di troppa maggiore
rendita che quello di
Prato, so
non per la terra, ch'è migliore. Pregoti t'aoperi che, per grazia di Dio e per
tua operazione, sia fornito di quale ch'uno, e che sia uomo per tua bontade.
Credo che la
Pieve di
Prato è scritta in
Corte, La
Pieve di santo Lorenzo. Di
ciò t'informa costà con
messer
Ioanni Tagini
o con altrui, sì che non si errasse. E di ciò t'avviso; no credo dica, La
Pieve di santo Stefano. Fa' che te ne chiarischi costà, in quale Santo, di
questi due, è 'ntitolata. De' miei fatti ti do troppa briga. Fo teco come con mio
caro fratello; e perchè so che puoi, per la Dio grazia.
Altro per questa non ti scrivo, se no s'io posso dire o fare qua cosa ti sia in
piacere, sono sempre a' tuo' piaceri: scrivi, farollo a podere. La
Catarina ti
manda mille salute: pregati togli compagna, e non indugi più Iddio sia tua
guardia sempre.
Come t'ho detto di sopra, se questo beneficio della
Pieve di
Prato ti fosse
forte a fornirlo, puoi dare la suplicazione insieme questi
calonacati; ciò è, la
Pieve di
Prato,
Santa Liparata di
Firenze,
Sa' Iacopo da
Pistoia; e agiungoci
quello dì
Lucca; credo si chiami
Santo Martino. Qualunche avessi, sarei
contento; chiedendo di volere la prima vacante di queste quattro l'una, quale
prima vacasse. Bene ch'io ti scriva quello vorrei, nondimeno
fa'ne tu quello
che ti pare, come savio.
Francesco di Marco Datini da
Prato, in
Vignone.