andò. Non ne dico più, chè l'arete auta.
Questa vi fo per risposta a una vostra ricevetti oggi. De'
fatti di
volere: ciò che m'ha fatto noia è, che la ragione e la
provvede a ogni cosa, e questo
nel troppo; e verrà tempo che per la coscienza sua ne fia
dolente, nell'avere trapassato un poco il segno, a fine di
vano onore.
E
non volea esser
miei fanciulli, che non aveano peccato nè colpa. Or come che,
solo per lo fallo, io non sarò mai nè potrò esser amico di
fosse castigato d'ogni suo peccato. A me non pare esser di
que' giusti, ch'io chiedesse la giustizia sopra me. E per
questo non alleggero però il fallo di quello impazzato. Se
l'avete sovvenuto per mio amore, io mi v'era e sono più
obbligato. Io fui richiesto di scrivervelo, e nol volli fare
per questa materia; che non mi parrà ch'altrui toccasse il
fallo, e a voi la pena. Pur è il vostro doppia cortesia.
mandai a dire a
volentieri v'ode ricordare. Se vedeste una lettera che
mi scrive della morte sua (che udì che era morto in quel
modo), nolla finireste di leggere che prima l'areste piena di
lagrime. Mostrarolla un dì a
La stanza vostra costà e lo star qua, mi diletta quanto io
veggio sia più vostra consolazione. Io vel dico
riposo della mente; chè altro non possediamo che vaglia uno
frullo, se none pace mentale e amor di Dio. Sappiate
iscegliere questo tempo, e ruballo al mondo, meglio che non
so io.
Monna
utile a voi o a lei, ogni sera andrei a sapere s'io ho a far
nulla. Dio vi guardi e v'aiuti. -