Al nome di Dio, ij d'
aprile 1397.
Ieri n'ebi una tua, e quanto di', òe inteso: apresso ti rispondo a
quanto fae di magiore bisogno.
Della lettera di
Barzalone e di
ser
Naldo non è altro a dire; ma ttu
mi scrivesti che
ser
Naldo volea una lettera di mia mano e
pagharé; e
sse l'avea auta, a che mi scrivesti tue ch'egli la volea? Io so no intendere
questo, ch'è a dire ch'egl'abia auto la lettera e ttue di' ch'egli
l'adomanda: non so quello si voglia dire. Questo dimi: se t'à poi dato
i
danari o chome s'è fatto cho llui, chome ch'io credo essere chostì
tosto e chaveròne le mani.
Del fatto della
chotta non è a dire altro: a bocha ti dirò chome sta
la chosa; ma ttu no me 'l chonfesserai, ma io so bene ch'io ti dissi pù
volte che ttu cierchassi in chotesto
letto molto bene.
Tu di' ch'io t'òe iscritto che ttu non mi iscriva ongni frascha. A
me vuole richordare che io ti scrisi che io non ti pote' rispondere per
fretta a ongni chosellina, o io ti scrissi che ttu non mi iscrivessi ongni
chosellina, ma che ttu facessi quanto ti paresse fosse il meglio: e
questo dissi per non dare a tte fatticha di lègiere, nè a me di scrivere.
Da
ser
Ischiatta ebi una lettera il dì apresso ch'io scrissi: sarò
chostà e parlerò cho llui, io e
Stoldo. E' m'à iscritto parole generali,
chom'è di sua usanza, sì per lui e per fatti di
Lodovicho di ser Iachopo.
Sono molto inventurato de' servigi ch'io fo: aronne merito da
Dio!
Per
Nanni ebi ciò che tue mi mandasti. Chome arò agio ti rimanderò
ongni chosa, che
Arghomento àe sì gran fretta, ch'io no gli ò
potuto dare nulla, salvo il
paneruzo e 'l
tovagluolino in che vénono i
ranochi e
prugnuoli: ògli auti molti chari, per amore di
Manno ch'è
tornato.
I' ò mandato
Nannino a
Genova: se lla
moglie à bisogno di nulla,
sèrvinela; e della
farina che ttue l'ài data, sono chontento. Fae bene
iscrivere ciò che ttu fai a
chonto di ciaschuno.
Del
grano che
Barzalone à dato per
Istoldo, sono avisato. Credo
che ttu n'arai
chonperato ogi
istaia dodici se ti sarà paruto, e se nno,
si 'l
chonperéno poi noi: tenetelo pure chostì.
Farò che
Guido farà una lettera al
Podestà, e ringrazierallo di
quanto egli à fatto per noi.
A
Nicholò dì che meni la
muletta; direi che menasse l'altra ma egli
à qui due
chavalli che à menati
Manno da
Vinegia, che pure la
muletta
non so dove méttelami, perché non està bene cho'
chavagli e vie
peggio vi starebe l'altra. Dirotti per la prima quando m'arai a mandare
l'altra, che anchóra mi ci chonviene istare alchuno dì, e poi ne
veremo
Istoldo e io e
Nicholò di Piero.
Di quanto ti disse
Fattalbuio non è a dire altro: fa quel che ttu
puoi, e ll'avanzo si resti.
Non ci mandare del
pane insino altro ti dicha.
La lettera di mona
Beldì sarà in questa, dove le fo la risposta, cioè
quella ch'ella mi mandò.
Per non te
nere più
Arghomento ch'à fretta, non ti posso dire
altro. Idio ti guardi.
per
Franciescho di Marcho, in
Firenze.
Monna
Margherita, donna di
Francescho di Marcho, in
Prato.