Ieri vi scrissi, chè poco ci resta a dire. Increscemi
solo non v'ho mai detto di monna
Margherita; che, secondo che
odo dalla servente di
casa, ella disse pochi dì fa, ove era
la mia
fante detta: Dimmi a
ser
Lapo, ch'io non sono per
istarci più: io farò uno dì
fardello, e andrommene a
Prato! E
però le tante e tante lettere che fate pe' fatti del corpo, e
delle ricchezze del mondo, non vi debbono aver fatta perdere
la carità e l'amore di coloro a cui siete con la legge di Dio
legati; nè anche i fatti dell'anima: chè, secondo che ho da
savio nostro amico, canuto, da
Prato (e forse sarà
apportatore di questa), voi areste bisogno che la vostra
anima rozza e 'l vostro cuore agghiacciato fosse confortato,
sì che 'l buono spirito ritornasse. E dicemi questo tale (a
cui io debbo credere, perchè ha passati più
anni di voi in
più pace di voi), ch'egli è venuto qua e conduce a
Prato un
buono predicatore. Ma in quello che esso m'è più piaciuto è,
ch'io il truovo dirittiero e giusto, e soccorritore de'
bisognosi; cioè, che mi dice che vuole che e' predichi a
Sant'Agostino. Veggo ch'egli il conduce presso al
Serraglio,
ch'arebbono più tosto bisogno d'uficio d'
inquisitore che
di prediche.
Ecco quanto piacere io ho auto già fa un
mese. Iersera anche
non mi seppi tenere non mi riscaldasse con
Giusto. Ma tenete
a voi, per meno iscandalo, quello me n'avete detto, e io ve
n'ho risposto. -
SER
LAPO vostro. VIIII di
giugno.