Al nome de Dio. A dì XVI di genaio 1400. In Genova scripta. Ebi vostra letera a dì VIIII di genaio, scripta in Fiorence adì XXXI di decembre 1399, e, perchè sono in grande despiaxere, no ve scripvo salvo de le cosse intrevenute e che sono al presente in questa nostra cità per diffecto e mancamento de li rei homini, li quali soperchono e avanzano li buoni. Digo che la vigilia de Pasqua, a cinque jorni di questo meise, forono alcuni, li quali andarono a li quatro consori mastri de le arte facti, come per autre v'ò scripto, per mantenere et far fare raxone. E tra li autri uno chiamato Raffè Carpeneto v'andò, e disse a queli come l'indemane a l'arba o sia la sera de la Pasqua dovea essere la tera su le arme, e monte autre et diverse parole. Unde come questo con li soi compagni avesse tratato o noe, no sautò la tera su le arme, per la quale cossa questo insì fuori con trei autri compagni e uno autro ne restò preisso. No ve posso scripver per cernia de migiore più ordinatamenti come ve scripvo, ma voi come savio decernerete la verità. Unde, essendo questi quatro de fuori, ragunaronsi con autra gente et veniavano fino a le porte et tarfiata n'entravan dentro alcuno di loro. Unde ogni citadino stavano con suspecto, no intendando il tratato, e no ardissevano fare justixia de lo quinto che fo preyso, e fexeno monti et monti consigi, e finaliter fexeno autri quatro citadini con queli quatro artefexi a provedere ne la sarvacione de la tera. Unde, facti questi quatro, la note vegnando che foe a dodexe jorni de questo meyse, vegnando lo tredexém jorno, questi insiti fuori, con meno de homini cinquanta, su la meza note vegnono a la porta mastra de la cità, e brusarono la porta senza trovare niuno inpaiho, e andarono per la cità cridando: viva lo populo!; e tanto fexeno che reebono quelo lor compagno che era in prexono. E lo governatore se partì de lo Palaxio e lo podestà, e si è ito il governatore per sua salvacione in una forteza de una tore et quivi se sta aspeitando che li sia dato parola, chè da lui no la vole prendere. Che se sia o che no, niuno no intra in lo Paraxio. È seguitato apresso che certe male persone, chi per vendicare soe vendete, chi per otragiare lo so vexino o chi per uno modo o per uno autro, sono iti per la tera faciando alcunno homicidio e alcunna autra injuria. E a me è stato voluto fare despiaxere e darme morte, ma, come a Dio è piaxuto, no perchè degno ne fosse, ma per respeto de la mia masnada, sì me ne fexe acorto, e rechiuximi in cassa con la mia brigata aparechiato de no morire vilmenti, e in cassa sono sempre stato e ancora sono; niente di meno, per cernia de meiho, m'è convenuto trabutare fiorini dodixi. No so come ne lo fine li patissca, che forsa a longa andata li farano mal prode o sia da Dio o sia da la gente de lo mondo. È seguitato apresso che questi nostri capelaci, li quali se possono chiamare diavoli de l'inferno, tra loro sono venuti a discordia, e combaterono uno jorno passato disnare tanfino a le avemarie, et, secondo stima, morirone VII, o sia sete, e monti feriti ne furono. E quela sera fexeno trega per l'autro jorno, il quale jorno fo eleto capitaneo o sia governatore a nome et vexenda de re de Franza messer Batista Bucanigra, e finaliter no sono contenti la parte Adorna. Credo senza niuno falo che ancora le cosse verano a briga e a darse l'uno a l'autro per tar modo che punirano le lor pecate, perchè sono queste sete quele le quali potrebono aver dato e darebono bono stato a la cità, se eli voressono. E sono aora partiti tra doe septe quelo che solevano essere cinque et sei, sichè restano a una seta Guarchi et Montaldi e da l'autra seta parte Campofregoxi e doi autri con Adorni; e parme a mie che da capo ogni uno se force de far gente. Lo governatore de rei de Franza aora a die XVIIII di genaio sì s'è reducto in una autra forteza, e parme a mie che se voiha tenere con la seta de la parte Adorna. In concluxione, a mi pare chiaro vedere la distrucione de Genova, e, se la moria no fosse, arei a voi mandato doi mei fiiholi, l'uno de etade de agni XX et l'autro de agni XVIII; ma per la moria no m'è in calo, e io ò poghi dinari per difecto de grandissimi dani recevuti da septe agni in qua de cabele, e ò tre fanchule grandi da maritare, e otra queli doi mei fanchuli maschi sì n'òe trei, sichè in soma ò cinque maschi et tree femine. Vorei volentera che Domenedio in me e in loro tuti inseme metesse fino, chè quanto e' sono cognosente, che questa nostra cità de Genova de' essere bruxiata et argarata, perzò che no ve regna salvo demonii de l'inferno, e da Dio è jastemata, e mie no mi posso partire de Genova per defecto de pecunia, per che me convene stare a vedere, e vorei innanti no vedere ca vedere tanta tribulacione quanto me pare debia vedere. No so al presente autro che dire. De lo vostro venire, ponetegli fine a no devere qui venire. Facta in despiaxere e con grande dolore. Christe ora e sempre ve guardi et salvi l'anima e lo corpo. Recomandatemi ad Andrea Bonani. PIERO de' BENINTENDI, da Genova, salute, e a voi se recomanda. Facta a dì XXI de genaio MCCCC, non obstante che ne lo premcipio diga a dì XVI. Questo propio jorno de vinti jorni sono intrati li anciani nuovi. No so se potrano regere o no. Credo che questo stato nuovo facto farà come li autri, perchè no potrae fare noma come vorano li mali e pessimi homini; e sono tuti homini populari gibelini e guerfi. La letera no va ben ordinata, perchè ò scripto a la jornata. No è stato autro possa de novo per monta nieva e male tempo che è stato e ancora è. Credo che sia per lo migiore; e io no sono ancora insito fora di cassa.