In nome de Dio; amen. Facta in Genova, 1401, die XXIII de dixembre. Ebi vostra letera a die XVIIII de dixenbre, facta a die XI de lo dicto meisse, la quale vidi monto volenteri odiendo quelo che voi dicte, e pertanto no ò tropo a dovervi scripvere per questa mia presente letera de lo fato de la vostra cuistione, perchè mi pare avervene scripto a compimento questi jorni passati, e penso l'abiate ornai recevuta. Niente de meno li consori, li quali sono su judicare le questioni de le cabele, come v'òe scripto aveano comisso in uno judixe secreto la nostra questione e aveano a quelo judixe portato il cartulario de l'intrata de la cabela de questo cabeloto che n'à movuto la questione e eciamdio la vendita per la quale mostrava dovere avere; de lo quale cartulario ni vendita non avea mai avuto la copia, perzò che lo dicto cabeloto le avea producte in corte e no m'avea facto citare a vedere le soe exibicioni o producioni e a prendere copia e a contradire e oponere, come requere raxone. E sentiendo come erano state producte davanti il savio secreto queste cosse, protestai contra de li consori, dicendo loro che no deveano producere davanti da lo savio o sia il judixe noma solentamenti li processi producti in la questione e de li quali le parte foseno state citate a contradire e a prenderne copia. E per questo ànno li diti consori mandato al savio secreto e ànose fato rendere il cartulario, per lo quale dixeno voi avere recevuto le mercantie de che è la questione, e la vendita per la quale dicono che voi dovete pagare. Ed ève stato più et più questioni e parole, et fovi Ardingo de li Rici; e, breve, noi abiamo a fare con uno demonio de l'inferno e chiamasi Antogno Pezone. E zà autra fiata, per lo tropo de lo male stato, batè et dede pugne et gotate a Jacobo fatore vostro, e ancora al presente più e più fiate l'à mentito per la gola; niente di meno, quanto a mie, no dixe vilania niuna, ma pure m'avego che se me potesse innocere, lo farebe, ma io pogo ne curo al presente. Ànomi de novo amonito li dicti consori, a instancia de lo dicto duganeri, che prenda copia de la vendita e de lo libro e contradica e oponna quelo che voiho; e ogi de questo jorno ò demandato il libro et la vendita, azò che possa provedere ne la questione. E elo m'à devo che uno suo amico et mio aconcherà la questione, e in segno de questo elo à relassiato vinti sachi de lane, li quali restato tenea in dugana per questa questione. Credo, per odita, debia essere stato Ardingo de' Rici, lo quale li averà promisso o di tuto o parte. Niente de meno io ò dito a li consori che non ò auto copia de libro ni de la vendita, e che e' voiho vedere e che me mostri unde se caricarono le dicte mercatantie et per cui forono caricate et su che navilii, e che cosse o mercatantie sono e de che segno segnate, e dove intrarono le navi, per che la mercatantia debia pagare e a cui sono state consegnate, e chi è quolui che dà a li duganeri per scripto et quando, et per che raxone domanda e per quanto prexio. Unde per fino a qui le cosse stano come vedete. Sempre arecordo che meiho vale talota savere perdere sì come guadagnare e partirse da cativa gente. Questo dico, perzò che è monto contraio duganeri et de l'atassi a dare inpaiho ad autrui. La mercatantia per che domanda è questa: primo, lana poche VIIII tali signo (tessera mercantile), lane poche II (tessera mercantile), panni bale II (tessera mercantile), panni bale una (tessera mercantile): id in Saona, et de Saona in Pissis, consignate in Pissa Francisco da Prato; panni bale una (tessera mercantile) in cocha Petri Scorzuti de Frandera. De Frandera in coche Johannis de Alexandro, consignate Pixis Francisco de Prato, poche II (tessera mercantile), panni bale I, fang. I (tessera mercantile), lana poche X (tessera mercantile). Queste sono le cosse per che domanda. Autro no abiamo a dire. Christe ora et sempre sea con voi. Se Aldingo piiha fine, ben stae, et se no, farò ne la questione come fosse mia propia. Per PIERO de' BENINTENDI. In frecta facta, perchè niente sapea de l'andata de Jacobo ni de lo compagno.