Al nome di Dio, a di xviij di
aghosto 1389.
Per
Michele ricevetti tua lettera: rispondo aprèso. Alla partte del
vinatieri non chale altro dire. Io iscrisi a
Stoldo che mi parea, secondo
suo iscrivere, che niuno di loro fóse istato presente quando ne portavano
il
vino, perché non mi dice a punto chome istava la chosa: di
ch'io ne rinbrotai e dìsigli che bene dimostrava che pocho si churàse
di miei fatti. Poi disi a
Niccholò che tti domandàse quale era la
chagione che l'uno di loro non v'era istato, per sapere la chagione.
Di quello del
Podestà non chale altro dire: danne loro quello
debono avere, cioè i due
botticelli di sotto la
schala, e fatti dare
s
. 50
dello
barile. E fa guardare che llo
barile non sia tropo grande: fasi di
simili tratti chostì, chome che pocho danno puote fare. Io foe
amatonare
la
volta dello
giardino, a ciò che lla si posa usare questo
anno:
faronola tra domane e l'altro; per questo no me ne isturba nulla de'
miei fatti. Volglo lavare la
tavola que per una
peza dello
panno. Farai
chome ti parà quando sarò chostà.
Al morto facca Idio verace perdono, se lgli piace. Morì que l'
abate
di
San Bartolomeo che istava dirinpetto a
Tanfaro, ch'era fre
scho che
parea non dovese mai morire, e morì di
pistolenza in pocha d'ora: era
venuto da
Pistoia e d'i llà era. Idio perdoni a tutti: io sono al suo
chomando; di me farà quello che gli piace. Io foe 100 morti il dì, ed
elglino n'ànno fatta una e sósene fuori.
Il
serame dice
Istoldo, è quello lasciai a uno che fa
chiavi, che llo
sa
Andrea, per fallo uno pocho aconcare. Avea detto a
Stoldo che llo
facése apichare alla portta, accò che quando tue volési andare fuori,
potési serare dentro choteste femine:
fu'vi altra volta e a tte l'òe detto
pùe volte.
A monna
Simona, e a tutte quelle mi pare, t'òe rachomandata e
fatto quello si dèe, e chosì farò. Provedi chostì alla
familgla della
chasa, e a quello ti pare; e dìe a monna
Giovanna che lla sua
lettiera si
fa, e sarà buona e bella.
Domenicha o
lunedì credo esere chostì. Che
Idio ti guardi. Saluta
Niccholò e lla
Francescha e lla
zia: non ti escha
di mente, e tutta la
brighata e lla
pulcella e
Maso, che sanno che vole
dire.
Francescho di Marcho, in
Prato.
Manderotti i resto de'
polli
domenicha: mangiàtene, che tropo è
charo il
panìcho, e bevete di quello
vino della
botte piena, ch'è tenpo
da tòrre. Ch
iusa alle 4 ore.
Monna
Margharita, donna di
Francescho di Marcho da
Prato, in
Firenze.
1389 Da
Prato, a dì 19 d'
aghosto.