Al nome di Dio, amen. A dì XXIII di
genaio 1385
Io ricevetti 2 vostre lettere le quali non è di necesità rispondere
a ongni chosa, e però farò con pocho dire.
Voi m'avete detto per due vostre lettere, e avetene iscritto
a
Piero, che io non debo avere dettate queste lettere io, ma che lle
dèe avere dettate
Piero di Filippo. Salvo la grazia vostra, mai non
mi dettò lettere, né d'egli, né neuno; voi mi tenete un da pocho,
ch'io non chredea che io facessi dettare mie lettere a llui. Quando
io non avesse
Simone, andrei a
Niccholò dell'Amanato, che mi parebe
più convenevole che
Piero di Filippo, o a
Lorenzo: di questi due direi
i miei sagretti, e non a più persona.
Francescho, io chonoscho
ch'io v'ò scritto tropo largho e ò mostrata troppa signoria in chontra
voi di dirvi il vero; se vi fosse a lato are' favelato cholla bocha più
picholina. Apichatemegli negl'ochi o nel chapo o dounche volete, io
me ne churo pocho. Io sono pur senpre per dirvi il vero in quanto io
chonoscerò; non v'ò detto chosa che ongni
mese non ve l'abi detto
una volta, quando voi siete dove io non vel dicho forsse chotanto ordinatamente,
in perc
iò ch'io vi vegho fare il dì chose che mi fate
inghonfiare 12 volte: i' ò pure un pocho del sanghue de'
Gherardini,
che me ne pregio assai di meno; ma io non so chonoscere il sanghue
vostro! Io non so che vi fosse di necesità di scrivere quello a
Piero:
voi me n'avete fatto un grande dispiacere; ma questo non è 'l primaio
che voi m'avete fatto. Pareva a me, se voi vi volesse chiarire di questo,
che doveste aspettare la risposta mia, ché, secondo le femine, vu'
m'avete trovata pocho bugiarda e pocho piacentiera e pocha amicha
di fratti. Io sono istato ogimai di 10
anni chon voi, che mai non ò
favelato loro se non 2 volte l'
anno; da indi in là no' mi inpaccio più
chon loro: i' no' mi fo ispacatamente
chomare e
conpare d'ongni
genia chome fatte voi; voi ne siete pure bene innanzi; io non sono
per farvene più ischusa neuna.
Io v'ò favelato insin a ora per senno, in perciò ch'ò vedute lettere
vostre da non frasergiare e somi ingengnata di rispondere il
meglo ch'i' ò saputo: ma ogi mai farò il contradio: faveleremo delle
frasche chome voi andate cerchando: io mi chomforto assai. De'
fatti vostri mi parete chosì tornato di buona chossicenza, ch'io chredetti
che voi non voleste fare
charnascale per non avere a fare la
quaresima. Io non chredetti che fosse di bisogno tra mme e voi
dire ogimai queste frasche, che mai non fu' sì fanculla che mai mi
piacesono; ma chonverami aparare, ché vegho che vo' l'andate cerchando:
chonoscierete ora che l'è dettata per me. Sopra questo più
non dico.
Iachopo Dirolli gunse
lunedì qui in sulla
nona assai maninchonosa
e tristo della persona: encrescemene, io non ce l'ò ritenuto né
a mangare né a dormire, per le parole voi mi diceste una volta:
congnoscho ch'avete ragone. Io l'ò domandato dov'egli torna: dice che
tolse unghuanno una
chaselma e non v'à entro niuno bene né
letto:
diedemi il mal dì, cholle lagrime me 'l disse. Io non sono acconcio
a passare niuno vostro comandamento, né per lui, né per persona
del mondo, nè volervi più gravare che voi medesimo vi voglate, ch'i'
ò tanta fidanza in voi che voi farete c
iò che sarà da fare.
Dicemi che
Bernabò è venuto cho' lui insino a
Siena; se avesse
bisongno d'uno buono
fatore per
Vingnone o per neuno luogho sarebe
buono egli; non ve lo lascate uscire di mano; ma voglo prima
mandare per lui che mi iscriva 2 lettere o 3.
Voi mi dite ch'io v'informi d'
Arghomento chome egli si porta;
per quello ch'io n'abi veduto per anchora, io no' ne posso dire altro
che bene, bene che pare a chostoro non sia solecito come vorebono.
Io no' vi sono più per dirvi il vero d'ongni vostro fatto, se d'io no'
mi rimuto d'animo.
Arghomento si partì di qui
giovedì che passò,
no' vi posiamo dire chome s'è portato il
mulo: no' c'è istato
possa.
Io v'arei
a dire più cose: non ve lo iscrivo per no' vedere sia
di bisogno e per no' vi dare tedio. Voi mi madate a dire che voi
veghiate insino a meza notte: io ne chredo pegio che voi non dite,
se voi ne lasciate mai neuno a persona chonsimerano meno non
fate voi, e fate il pegio voi, sapete non ve gli chomvengna lascare, e,
a chu
i voi no' ne lascerete, s'ingegnerano d'imbolarne e io me
n'engegnerò anch'io, s'io rimangho dirieto a voi. Per Dio levate questo
pensiero a ongni gente: voglate chredere un pocho altrui ch'a voi;
io me ne fo beffe che voi tegnate mai una bella vita. Sopra questo
più non dicho.
Monna
Giovana e monna
Chiarmonda e monna
Francescha
ci sono istate a desinare e a
cena
domenicha: cento mila salute vi mandano
tutte quante. Monna
Lapa le piace molto la
stanza da
Firenze.
Noi istiamo tutti bene, chosì penso istiate voi: che Idio vi ghuardi
sempre.
per la vostra
Margherita vi si racomada, di
Firenze.
Francescho di Marcho da
Prato, propio, in
Pisa.
1385 Da
Firenze, dì 24 di
gennaio.